Ieri è stato celebrato in Israele Yom Hashoah, il giorno in cui vengono ricordate le vittime del genocidio nazista nel calendario ebraico. Sono passati settant’anni dall’atroce scoperta dei campi di sterminio perciò può essere una buona idea valutare come lo slogan “mai più”, il messaggio principale che emerge ogni volta che viene ricordata la Shoah, viene recepito al giorno d’oggi.
“Never Again” ha più significati: il primo e più ovvio è che gli ebrei non dovrebbero più essere sottoposti a tali atrocità; il secondo, in una concezione più ampia, è che nessuno dovrebbe subire ciò che hanno subito gli ebrei e si deve cercare di prevenire qualsiasi genocidio; il terzo e ultimo è che gli ebrei non potranno più permettersi di essere indifesi.
Se andiamo ad analizzare la situazione attuale possiamo renderci conto come la lezione non sia stata recepita attentamente. Oggi il massacro degli ebrei è sponsorizzato dall’Iran e dalla sua leadership proprio mentre sono in corso dei negoziati per il suo programma nucleare e per la rimozione delle sanzioni imposte alla sua economia. Questo fornisce una certa legittimità agli attacchi verbali di cui è costantemente oggetto lo Stato ebraico. Solo poche settimane fa il capo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane affermava che la distruzione di Israele non è negoziabile, una dichiarazione che ha fatto seguito a quelle precedenti della guida religiosa Ali Khamenei che delineava un piano di nove punti per l’eliminazione di Israele. Nessuna di queste frasi ha scatenato reazioni indignate nella comunità internazionale e l’Iran non è stato punito in nessun modo. Tutto ciò fa pensare che nonostante la Shoah sia commemorata attraverso giornate e programmi educativi, il mondo non ha preso seriamente la minaccia di un possibile revival di quel periodo terribile della nostra storia. Ci sono molte ragioni alla base di questo comportamento, tra cui il perenne fastidio per un Israele troppo forte nella regione, ma nessuna di queste giustifica l’apatia per le deliranti affermazioni degli iraniani.
Anche il concetto di genocidio ha subito una forte erosione. Oggi il termine viene utilizzato impropriamente per giustificare il criticismo nei confronti di Stati che non piacciono all’opinione pubblica come Israele. La definizione di genocidio è “deliberato sforzo nel distruggere completamente un particolare gruppo tramite azioni violente”, un qualcosa che sfortunatamente vediamo in molte parti del mondo. Solo in Medio Oriente lo Stato Islamico sta massacrando i cristiani e le altre minoranze religiose, fra cui i musulmani sciiti, con il chiaro intento di farli scomparire da quella zona. In Kenya poi abbiamo potuto osservare il ritorno di una metodologia che richiama fortemente alla Shoah: l’individuazione e la separazione dei cristiani dagli altri gruppi per rendere più semplice il loro omicidio da parte del gruppo terrorista somalo al-Shabaab durante il massacro di Garissa. Dov’è l’indignazione del mondo? Perché non ci sono movimenti cattolici pronti a denunciare o a prevenire atrocità del genere? Dobbiamo attendere massacri come quelli in Bosnia e in Cambogia per agire?
L’impotenza del popolo ebraico, sia a livello politico che militare, durante il periodo peggiore della sua storia gli ha insegnato che devono fare in modo di non essere mai più in una situazione simile. Questo è il significato ultimo dell’esercito israeliano, questo è il significato delle azioni di tutte le comunità ebraiche in giro per il mondo che lavorano con le istituzioni per combattere l’antisemitismo. Oggi IDF è più forte che mai, il suo sistema di difesa missilistico Iron Dome è diventato senza alcun dubbio il simbolo del suo ruolo di protettore degli israeliani. Inoltre nonostante le tensioni con l’amministrazione americana, il legame tra Israele e Stati Uniti sul tema della sicurezza è saldo come sempre. Così come lo è sul tema della lotta all’antisemitismo: il Dipartimento di Stato americano monitora costantemente gli atti antisemiti in tutto il mondo, l’ultimo esempio sono state le pressioni per la creazione di un apposito ufficio in seno all’Unione Europea. Questi sono segnali che la potenza degli Stati Uniti, l’ingrediente fondamentale nella sicurezza degli ebrei dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è ancora rilevante per Israele.
Mentre commemoriamo Yom Hashoha la frase “mai più” deve tornare a significare qualcosa di molto più profondo di un vuoto slogan da ripetere meccanicamente. Nonostante la sua efficacia dipenda anche da fattori esterni, l’umanità ha bisogno di riaffermare il suo impegno nella lotta all’antisemitismo per rinnovare la propria forza contro quelle spinte distruttive che vorrebbero tornare protagoniste nella storia.