I piloti sono addestrati a resistere al capogiro: un’improvvisa perdita del senso dell’orientamento spaziale che li rende incapaci di distinguere l’alto dal basso e che, soprattutto in quel frangente, può avere conseguenze letali.
Una confusione simile può essere sperimentata quando si esce velocemente da una stazione della metro: per qualche momento si è insicuri su dove andare, fino a che non si riguadagna il senso della direzione. In entrambi i casi si pensa che il disorientamento sia causato da una temporanea disfunzione di un circuito neuronale che opera come una bussola tridimensionale (3D).
Circuito che, tuttavia, fino ad oggi nessuno aveva mai scoperto: infatti i ricercatori dell’Instituto Weizmann – Israele, hanno per la prima volta dimostrato l’esistenza di una bussola tridimensionale nel cervello dei mammiferi. Condotto da uno studente nel laboratorio del Prof. Nachum Ulanovsky del Dipartimento di Neurobiologia, lo studio – già pubblicato su Nature la settimana scorsa – ha dimostrato che il cervello dei pipistrelli contiene neuroni che rilevano la direzione in cui è puntata la testa dell’animale, coadiuvandolo quindi nello spostamento nel mondo tridimensionale.
Negli animali (uomo compreso), l’orientamento si basa essenzialmente sulla memoria spaziale, che mantiene le informazioni riguardanti i differenti luoghi di cui si è avuta esperienza. Queste informazioni sono conservate in una struttura antica nel nostro encefalo, chiamata ippocampo.
Al suo interno sono presenti differenti tipi di cellule, alcune che tengono conto della posizione dell’individuo (attraverso delle coordinate, proprio come un GPS) altre che invece individuano la posizione nello spazio in cui la testa è puntata, al pari di una bussola.
Si crede che le “cellule GPS” potrebbero essere sfruttate per movimenti orizzontali, su di una superficie piana, come un uomo che si sposta in macchina in autostrada, mentre le “cellule bussola” potrebbero essere fondamentali nell’esecuzione di manovre complesse nello spazio tridimensionale, come ad esempio arrampicarsi sui rami degli alberi o – nel caso degli esseri umani – muoversi attraverso edifici con più piani e pilotare un aereo.
Sebbene lo studio sia stato condotto nei pipistrelli, non sono solo i ricercatori ad essere fiduciosi che queste scoperte potrebbero essere applicate anche nell’uomo. Come ha scritto anche il Prof. May-Britt Moser, uno dei Nobel 2014, su Nature, commentando lo studio appena pubblicato “ora questo modello potrà essere applicato anche ad altre specie che sperimentano il movimento tridimensionale in maniera più limitata”.