“Israele non è uno stato razzista o di apartheid”, un’ovvietà divenuta necessità negli Usa, che si è visto costretto ad approvare una risoluzione per dichiarare l’estraneità dello Stato ebraico da “ogni forma di antisemitismo e xenofobia”, ribadendo che “gli Stati Uniti saranno sempre un saldo partner e sostenitore” di Gerusalemme.
Risoluzione che Washington si è affrettata a dare in pasto all’opinione pubblica per due motivi.
Nelle scorse settimane la democratica Pramila Jayapal aveva affermato che Israele fosse un “stato razzista”, creando numerose polemiche bipartisan nel Congresso. La seconda motivazione è da ricercare nel viaggio di questi giorni del Presidente di Israele Isaac Herzog negli Usa, dove ha incontrato il suo omologo americano Joe Biden e ha tenuto un discorso del leader davanti al Congresso in seduta congiunta per celebrare la 75esima nascita di Israele.
Il voto, 412 voti a favore e solamente 9 contrari, ha acuito le divisioni in merito al conflitto israelo-palestinese all’interno del Partito Democratico, in cui uno zoccolo duro non arretra di un passo nel definire Israele uno stato razzista o di apartheid.
Zoccolo duro noto con il nome “The Squad” in cui spiccano le figure di Alexandria Ocasio-Cortez, Rashida Tlaib, Ilhan Omar, Ayanna Pressley.
Alexandria Ocasio-Cortez ha sempre ribadito che il problema mediorientale è dovuto all’“occupazione israeliana dei territori palestinesi”.
Rashida Tlaib è l’unica americana di origine palestinese al Congresso e non ha mai nascosto la sua idea: Israele è uno stato di apartheid.
Ilhan Omar ha più volte puntato il dito contro lo Stato ebraico ritenendolo come “i talebani” e associando ogni nefandezza al governo di Gerusalemme, tanto che dopo anni di accusa contro Israele, nel febbraio scorso è stata espulsa dalla Commissione esteri della Camera degli Stati Uniti.
Gli Usa hanno ribadito: “Israele non è uno stato razzista o di apartheid”. Un’ovvietà che deve rimane tale, le necessità del mondo dovrebbero essere altre…