La politica in Medio Oriente si svolge a due livelli distinti. Ci sono i fatti quotidiani, che in parte (e spesso in maniera tendenziosa) diventano notizie sui media. E ci sono le grandi tendenze, i conflitti per le risorse, di cui si parla poco. I fatti quotidiani sono spesso fabbricati apposta per far notizia e trovare eco nella stampa compiacente come per esempio le manifestazioni di Gaza e molti attentati del terrorismo a bassa intensità. Accoltellare qualcuno per strada o investirlo con un automobile non cambia i rapporti di forza, ma permette, grazie ai media, al terrorismo di continuare a far paura anche se è sostanzialmente impotente e in calo.
I grandi conflitti invece si svolgono in maniera spesso non percepita su risorse contese: lo spazio geografico, il dominio di punti strategici come le alture del Golan e quelle della Samaria, l’accesso ai porti. E poi le risorse naturali vere e proprie: la terra fertile, le zone verdi, l’acqua, il petrolio (l’unico di cui si parla abbastanza spesso). Le azioni incendiarie che impegnano i terroristi islamici, non solo a Gaza con apparenti giocattoli infantili come gli aquiloni e i palloncini, ma anche direttamente nel territorio israeliano, sono un tentativo di incidere su una delle risorse più importanti di Israele, su cui la popolazione ebraica lavora da oltre un secolo: il rimboschimento, il recupero della fertilità antica della terra testimoniata dai tempi biblici, che era andata distrutta duranti secoli di occupazione musulmana.
Piantare alberi e interi boschi in ricordo delle circostanze belle e brutte della vita è diventata nel secolo scorso una delle abitudini comuni del popolo ebraico. Non c’è famiglia ebraica che non abbia avuto in casa il salvadanaio bianco e azzurro del Keren Kayemet, il cui scopo primario era finanziare il rimboschimento. Nell’ultimo periodo questo recupero si è esteso anche alla zona aspra e desertica del Negev: fra le nude colline rocciose rossastre e le sabbie gialle del deserto meridionale di Israele ora sorgono vigne meravigliose, piantagioni di pomodorini saporiti, campi di verdure e boschi che cambiano e addolciscono il clima. Una parte del futuro agricolo e abitativo di Israele è qui.
Proprio questo vogliono colpire i piromani palestinisti, con qualunque mezzo. Israele ha trovato il modo di contrastare gli ingannevoli aquiloni trappola con droni e altri mezzi. E però basta che il 5 o il 10 per cento dei giocattoli trappola passi per fare danni immensi. L’esercito non vuole farsi attirare in un’azione militare come quella di quattro anni fa, se solo è possibile. E teme problemi legali nel contrastare con le armi delle azioni apparentemente non militari. Ma certo non potrà assistere a lungo senza reagire al terrorismo del fuoco.