Un articolo pubblicato qualche giorno fa sull’edizione francese di The Times of Israel contiene una rivelazione che ha molto turbato gli ebrei francesi, ma riguarda anche noi italiani. Vi si legge l’ammissione del capo del servizio segreto interno francese DST (Direction de la Surveillance du Territoire), il prefetto Yves Bonnet, che l’agenzia da lui diretta, dopo l’attentato di Rue de Rosiers, strinse un accordo con il capo terrorista Abu Nidal. L’attentato di Rue de Rosier fu un sanguinoso attacco antisemita, in cui un commando terrorista palestinista colpì con mitra e bombe a mano gli avventori di un ristorante nella via centrale del quartiere ebraico del Marais a Parigi, provocando sei morti e ventidue feriti. Esso avvenne il 9 agosto 1982 qualche mese appena prima dell’attacco alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre. Entrambi gli attacchi, come poi la strage di Fiumicino del 1985 (13 morti e 76 feriti in un tiro al bersaglio contro i viaggiatori che facevano il check in ai banchi di El Al e TWA) sono attribuiti al gruppo di Abu Nidal.
E proprio con Abu Nidal, dopo averlo individuato come il responsabile della strage, lo stato francese fece un accordo. Non cercò dì catturarlo, ma gli concesse via libera. Lo racconta Bonnet in questi termini:
“Ci siamo messi in contatto con l’organizzazione di Abu Nidal. Da quel momento in poi abbiamo avuto una specie di patto non scritto che stabiliva che la gente di Abu Nidal non commettesse più attacchi in Francia, e in cambio ho assicurato loro che potevano venire in Francia”
Anche il generale Philippe Rondot, a quel tempo capo dei servizi segreti militari, ha raccontato in un’intervista la stessa storia:
“Tramite un ufficiale dei servizi segreti francesi, venne raggiunto un accordo con il terrorista con il quale si impegnava a non colpire la Francia o i suoi interessi. In cambio, la France liberava prigionieri di terrorismo e accoglieva a proprie spese studenti nelle sue università”
Il presidente Mitterrand era perfettamente informato, come spiega ancora l’incaricato di Bonnet per il Medio Oriente, Louis Caprioli:
“Tutte le decisioni prese nella lotta contro il terrorismo sono decisioni politiche. I servizi non si impegnano in un’operazione se non hanno la luce verde delle autorità. Quindi in queste operazioni, il Presidente della Repubblica è stato informato, tutta questa è stata una decisione politica”
Vale la pena di aggiungere che molto probabilmente se i francesi avessero dato la caccia ad Abu Nidal, invece di permettergli di usare impunemente il loro territorio, non ci sarebbe stato l’attacco al Tempio di Roma e neppure quello a Fiumicino e quello concomitante a Vienna. C’è dunque una corresponsabilità almeno politica e morale da parte di Mitterand. Molti a sinistra lo hanno considerato un grande modello, un po’ oggi fanno con Corbyn, ma che abbia agito in questa maniera non sorprende, visto che era stato un collaborazionista di Vichy, vicino a quel maresciallo Petain che oggi un altro modello della sinistra, il suo successore Macron, non ha vergogna ad omaggiare pubblicamente.
A noi italiani, questa storia non può non ricordare il cosiddetto “Lodo Moro”, un altro accordo non scritto (o forse era scritto, ma il testo preciso non è mai uscito), fatto da Moro come ministro degli esteri del Governo Rumor dopo il primo attentato di Fiumicino del 1973 (34 morti e 15 feriti), con tutti i gruppi terroristici aderenti all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Con esso “l’Italia garantiva ai palestinesi – aiutati da gruppi eversivi italiani – libertà di passaggio di armi ed esplosivi sul proprio territorio nazionale, in cambio essi garantivano di non colpirla con attentati ad eccezione degli interessi USA e israeliani.” Così lo riassume una interessante voce di Wikipedia: naturalmente fra quel che qui pudicamente si denominano “interessi israeliani” vi sono gli ebrei italiani, venduti un’altra volta ai macellai stranieri da Moro e compagni, come 35 anni prima aveva fatto Mussolini. Il lodo Moro è tornato fuori molte volte. Il primo a parlarne fu proprio Moro, che invocò spesso nelle sue lettere l’accordo fatto con i terroristi palestinesi (che comprendeva anche la liberazione di detenuti) come precedenti per autorizzare la liberazione di brigatisti incarcerati che i suoi sequestratori delle Brigate Rosse pretendevano in cambio della sua vita:
“non una, ma più volte, furono liberati con meccanismi vari palestinesi detenuti ed anche condannati, allo scopo di stornare gravi rappresaglie che sarebbero poi state poste in essere, se fosse continuata la detenzione…la libertà (con l’espatrio) in un numero discreto di casi è stata concessa a palestinesi, per parare la grave minaccia di ritorsioni e rappresaglie capaci di arrecare danno rilevante alla comunità. E, si noti, si trattava di minacce serie, temibili” (lettere del 28 e 29 aprile)
Lo stesso “lodo”, che assicurava l’impunità all’attività dei terroristi sul territorio italiano, sarebbe stato violato dall’Italia arrestando nel 1979 a Ortona un gruppo di membri dell’”autonomia” romana che stavano trasportando di un carico illegale di missili militari per conto dei terroristi palestinesi. Questo episodio sarebbe stata (secondo i molti che non credono alla pista neofascista, fra cui l’autorevole giudice Rosario Priore) la ragione di un altro attacco terroristico ordinato dai palestinisti e cioè la strage della stazione di Bologna dell’anno successivo che provocò 85 morti e 200 feriti.
Che questo accordo coi terroristi non si limitasse alla liberazione dei loro complici condannati, il solo punto citato nelle lettere di Moro, ma comportasse completa libertà d’azione per loro, è reso chiaro anche solo dalla vicenda dei missili di Ortona. Basta pensare del resto alla vicenda di Sigonella, gestita da Craxi in modo da assicurare l’impunità agli assassini di Leon Klinghoffer, un vecchio ebreo in sedia a rotelle durante il sequestro dell’Achille Lauro, in quello stesso anno 1985 del secondo attacco a Fiumicino.
Di solito si è sempre pensato che tutto questo torbido intreccio di complicità col terrorismo esibisse solo la particolare viltà, il servilismo e il sostanziale antisemitismo delle maggiori forze politiche italiane. La rivelazione francese mostra invece che la politica italiana non era isolata in questa vergogna, ma che la resa al terrorismo palestinista e la speculazione sulla pelle degli ebrei furono una politica europea abbastanza generale. Nei giorni scorsi è uscita anche un’altra notizia abbastanza sconvolgente che riguarda i servizi segreti francesi. Essi avrebbero rifornito, allenato e protetto i terroristi palestinesi di Fatah durante la terribile ondata terroristica del 2000-2002, che fece centinaia di vittime civili in Israele. Alla luce di questi rapporti, si capisce bene come la televisione pubblica francese sia stata il veicolo della bufala anti-israeliana dell’uccisione del ragazzino Al Dura, che fu uno dei principali argomenti propagandistici contro Israele, perché Arafat moribondo scelse di rifugiarsi solo in Francia per farsi curare, perché diplomatici francesi abbiano contrabbandato armi per conto di Hamas o affrontato a schiaffi i soldati israeliani. Lo stato francese, al di là delle parole pubbliche concilianti, è in guerra con Israele.
Di altri patti e lodi non abbiamo infatti notizia pubblica, ma forse solo perché stretti da stati che sanno tenere meglio i loro segreti. La conclusione è che l’Europa politica che aveva collaborato coi nazisti collaborò poi coi terroristi palestinesi e oggi è, dopo gli stati terroristi, il peggior nemico di Israele. Una continuità che dovrebbe far riflettere i nemici del “populismo” che dipingono l’Unione Europea come barriera contro l’antisemitismo.