Continuano le indagini sul terrorismo islamico in Italia. In Veneto sono state effettuate 12 perquisizioni (dieci a Venezia, una a Mestre e a una Treviso), che hanno portato all’arresto di quattro persone, tre adulti e un minorenne. Tutti originari del Kosovo, che erano nel nostro paese con un regolare permesso di soggiorno. Alcuni di loro erano decisi ad andare in Siria per combattere, anche se perfettamente integrati nella società (due lavoravano come camerieri in un locale di Venezia).
A riprova della loro pericolosità, i magistrati hanno fatto eseguire il blitz dai reparti speciali dei Nocs della Polizia e del Gis dei Carabinieri.
Erano seguiti da tempo, ma a far scattare l’arresto sono state le intercettazioni telefoniche effettuate dopo l’attentato di Londra del 22 marzo scorso:
“Con Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua, mettere una bomba a Rialto”.
I loro commenti entusiasti per l’azione del terrorista islamico Khalid Masood e l’intenzione di replicarla a Venezia hanno fatto scattare l’operazione.
Il procuratore Adelchi d’Ippolito ha spiegato:
“Abbiamo controllato ogni loro rapporto, ogni loro contatto con il mondo esterno e siamo riusciti anche ad inserirci e controllare il loro mondo telematico e tutto quello che riuscivano a comunicarsi e ad indottrinarsi”.
Dal web avevano consultato manuali di combattimento corpo a corpo e tecniche sull’utilizzo dei coltelli, anche se al momento gli inquirenti non sanno dire a che punto fosse la preparazione di un attentato a Venezia.
Ciò che risulta da questi arresti è la conferma dello stretto rapporto fra jihadismo e Kosovo, da cui, secondo le stime 2016 pubblicate dall’Istituto per gli studi di politica internazionale, sarebbero partiti circa 300 foreign fighter.
Già nel 2014, però, in un reportage apparso su L’Espresso si indicava il Kosovo come una fucina di terroristi islamici pronti a colpire.