Il muro difensivo che divide Israele e i Territori contesi è stato il frutto di ripetuti attentati terroristici (di cui molti kamikaze) che hanno dilaniato la popolazione israeliana per anni. Poi l’ingegno israeliano ha prodotto l’Iron Dome, il sistema di difesa antimissile per proteggere gli israeliani dai razzi di Hamas. Ora però la situazione si fa dura ancora una volta, perché i palestinesi incitati dai due leader Abu Mazen (ANP) e Ismail Hanyeh (Hamas) hanno iniziato a mietere vittime a Gerusalemme e in Cisgiordania con un’arma semplicissima da trovare: la macchina.
Soltanto ieri sono stati due gli attacchi da parte dei terroristi palestinesi. Il primo si è consumato alla fermata di Shimon HaTzadik, a Gerusalemme est, dove è rimasto ucciso un poliziotto di frontiera e sono state ferite 14 persone di cui tre in condizioni critiche; dopo poche ore, vicino Gush Etzion un palestinese ha investito 3 soldati israeliani con un furgone da lavoro. Due riportano ferite moderate, mentre il terzo verte in gravi condizioni. Il primo attentatore è stato colpito a morte dagli agenti israeliani, mentre il secondo è riuscito a fuggire.
Stamane le fermate degli autobus e dei tram di Gerusalemme erano deserte e la paura dilaga nella capitale, mentre il comune, che sta cercando di tamponare la situazione, ha installato già nella notte dei blocchi di cemento cubici in alcune zone, per impedire alle macchine di deragliare sui marciapiedi e mietere ancora vittime innocenti. Questa nuova ondata di violenza viene giustificata dalle autorità palestinesi come una risposta alle limitazioni dell’accesso alla Spanata delle Moschee poste da Israele, ma è necessario ricordare che il sito viene spesso chiuso per brevi periodi a causa delle violenze che i “fedeli” sfogano contro i visitatori non musulmani e contro la polizia. Se infatti nella Moschea di Al-Aqsa si pregasse normalmente come dovrebbe avvenire in un normale luogo di culto, Gerusalemme non sarebbe ora in subbuglio. Il problema è che ci sono gruppi di giovani palestinesi intolleranti alle visite dei turisti e dei fedeli ebrei che vorrebbero pregare o soltanto andare a vedere la Spianata sulla quale sorgeva l’antico Tempio di Salomone. La stessa Moschea di Al-Aqsa è stata più volte usata come roccaforte per il lancio di molotov e di grosse pietre.
Tralasciando i terroristi scellerati di Hamas, dai quali no ci si può aspettare davvero nulla di buono, è inquietante come anche il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese inciti il popolo alla lotta contro gli israeliani, chiedendo di “usare ogni mezzo per difendere Al-Aqsa”, da cosa non si sa.
Nel frattempo in Europa si fa a gara a chi riconosca prima uno Stato palestinese, lasciandosi alle spalle decenni di trattative e di negoziati appoggiati dalla stessa Europa a partire da quelli di Oslo del 1993. Agire come la Svezia o l’Inghilterra, vuol dire privare i palestinesi di un buon motivo per cessare le violenze. Lo Stato palestinese che anche Israele auspica, dovrà essere il frutto di negoziati di pace, in cui le due parti si impegnino l’una con l’altra in una convivenza pacifica e non violenta. Il riconoscimento della Palestina come la manna dal cielo non fornisce garanzie neanche alla stessa popolazione palestinese, che merita molto di più di un governo terroristico a Gaza e di funzionari corrotti nel West Bank. Lo stesso Israele dovrà fare dei passi indietro e giungere a compromessi accettabili con i vicini. Altrimenti, i palestinesi resteranno fermi sulla strada degli attentati, che fino ad oggi ha fruttato loro un posto come osservatore all’Onu.