L’atomica dell’Islam esiste già, ed è made in Pakistan. Esiste, per l’esattezza, dal 28 maggio 1998, data del test di detonazione effettuato con successo nel deserto del Belucistan. Paradossalmente, quasi sul confine con la Repubblica Islamica dell’Iran. Dunque da quasi due decenni la bomba è nelle mani dei militari al potere in Pakistan. Che è un paese dove vige la sharia nelle forme più dure, dove il terrorismo jihadista ha formato radici e trovato appoggi, dove le stragi fanno notizia solo se le vittime si contano a centinaia. Ma è un paese sunnita. Un’atomica sunnita. E questo fa la differenza. In Israele, dell’atomica pachistana e dei missili a lungo raggio, si sono preoccupati davvero poco. Le domande valgono più delle risposte: perché? Infatti il Pakistan è tra i paesi più attivamente antisionisti del mondo islamico non arabo, insieme con la lontana Malesia. Ma la risposta dobbiamo cercarla lontano nei secoli passati, al tempo dei Califfi. Quelli veri.
Maometto era nato alla Mecca. Aveva 52 anni quando nel 622 (secondo il calcolo del tempo cristiano) si trasferì a Yathrib, che prese poi il nome di Medina (in arabo “la città”) ossia per definizione “la Città del Profeta”. Il tempo dell’Islam e dei Musulmani comincia dunque con la Higra o Egira: la Migrazione. Quando morì nel 632 –anno decimo dell’Egira—Maometto aveva già due luogotenenti o vicari, Khalifa in arabo. Abu Bakr fu così il primo dei Califfi, e dopo di lui Omar, nel 634. Omar avviò il secolo delle conquiste e dell’espansione. Fu assassinato nel 644 da uno schiavo persiano. Arrivò così il turno di Otman, anche lui ucciso –era il 656— nel corso di una congiura di palazzo, mentre era assorto in preghiera. Fu nominato a succedergli Alì, cugino e genero di Maometto. Il potente governatore della Siria, Muaviya, era parente stretto di Otman e dunque non riconobbe la legittimità della successione. La guerra risultò inevitabile, e il corso degli eventi fu sfavorevole ad Alì. Che infine, nel 661 anno 39 dell’Egira, fu ucciso in Irak proprio davanti alla moschea di Kufa. La famiglia del vittorioso Muaviya, gli Omayyadi, fondò così il Califfato omonimo (660-750). Fu questo il risultato della prima fitna (“tensione, momento di crisi”) e dunque il peccato originale dell’Islam: la rottura dell’unità dei fedeli.
Ed ecco il formarsi delle due grandi correnti, contrapposte e rivali: Sunna sta per “consuetudine prevalente” nella linea che lega il primo Abu Bakr agli Omayyadi, mentre la Shia è il “partito” dei seguaci di Alì, battuto nella lotta per la successione. È a partire da questi eventi remoti che l’Islam sciita cerca la rivincita su quello sunnita. La Shia domina incontrastata in Iran. Coloro che governano a Teheran vogliono riscattare la sconfitta, oggi. Il mondo islamico è in preda alle stesse convulsioni che conobbe l’Europa al tempo delle guerre di religione tra cattolici e protestanti. E anche in queste vicende attuali dell’Islam va considerato un risvolto teologico molto complesso. Se nel mondo sunnita il termine “Imam” definisce il leader di una comunità religiosa, il sapiente che guida la preghiera e regola la vita dei fedeli, per gli sciiti la parola Imam implica significati di valenza apocalittica. L’attributo di Imam spetta soltanto ad uomini straordinari, segnati da una predestinazione divina. La Shia riconosce Alì come primo grande Imam e vero Califfo. Ad Alì ne sono seguiti altri undici. Il Dodicesimo Imam è occultato dall’anno 868 (255 dell’Egira) e tornerà a manifestarsi soltanto quando sarà il momento, ovvero quando gli Sciiti dimostreranno la verità ai Sunniti e prevarranno su di essi. La conseguenza sarà anche l’affermazione universale dell’Islam.
La politica estera e militare dell’Iran bisogna interpretarla anche in questa chiave. E qui torniamo alle armi atomiche. Subito dopo l’attacco alle Twin Towers, si temeva un furto nucleare a opera dei talebani (sunniti estremisti) attivi anche in Pakistan, oppure da parte di Al-Qaeda. Però tutti, o quasi, sanno che rubare una bomba non serve. Occorrono i codici indispensabili per armare gli ordigni. E quelli sono blindati e protetti. Di sicuro sono variabili, più rapidamente dei nostri PIN di accesso al conto in banca. E’ trascorso molto tempo da quando il Pakistan volle dotarsi della bomba per rispondere ai programmi nucleari dell’India. Il Pokhran-I made in India equivaleva però a pochi kiloton, e rispondeva ad un dottrina militare di deterrenza (no first strike, “mai al primo colpo”). Esplose però proprio in un’area che separa i due paesi rivali, nel Rajasthan, il 18 maggio 1974. Quel giorno l’Unione Indiana decise di entrare nel club più temuto del mondo, quello delle armi atomiche. La replica dei pachistani che avrebbero prodotto la prima nuke islamico-sunnita era dunque scontata. E’ da notare come sia l’India che il Pakistan costruirono la bomba in meno di un decennio, partendo –ovviamente- da reattori nucleari destinati a “scopi pacifici”. Entrambi i governi aspettarono poi altri dieci anni per la prima detonazione “ufficiale”.