Naomi Perlman, una 91enne sopravvissuta alla Shoah, è morta ieri in seguito alle ferite riportate il 10 maggio scorso, quando un razzo di Hamas sparato dalla Striscia di Gaza, aveva colpito la sua casa ad Ashkelon, uccidendo sul colpo la sua badante Soumya Santosh, 32 anni, sposata con un figlio di 9 anni.
Nove mesi di sofferenza per la signora Perlman, che in seguito all’attacco del terrorismo palestinese aveva perso entrambe le gambe e costretta a tornare in ospedale in diversi momenti.
Naomi lascia due figli, Shuki Perlman e Tzipi Malach, otto nipoti e 12 pronipoti, l’ultimo dei quali venuto alla luce la scorsa settimana.
Ed è stato proprio il figlio Shuki a raccontare il primo e unico incontro “fotografico” tra la mamma e il nuovo nipote:
“Le ho mostrato le foto della sua nuova pronipote e lei ha sorriso. È come se aspettasse questo prima di dire addio. È scampata alla Shoà e ha generato una famiglia meravigliosa. Se c’è qualcuno che merita di essere definito l’estremo sopravvissuto, è proprio lei”.
La morte di Naomi Perlman è la rappresentanza della trasversalità dell’odio contro gli ebrei. Fu una vittima della follia omicida della Germania nazista, poi, trasferitasi in Israele, diventò bersaglio di quel terrorismo palestinese, che vede lo Stato e il popolo ebraico come un nemico da combattere.
Ma la forza del popolo ebraico è proprio quella di andare avanti, nonostante tutto. Proprio come ha fatto Naomi Perlman, che ha dato vita a una bella e numerosa famiglia, facendo proliferare Israele e il popolo ebraico, in barba a chi la voleva morta decenni fa.