Paura, silenzio e salvezza. Sono le componenti di una incredibile storia accaduta nella Seconda Guerra Mondiale a Taino, in provincia di Varese. Protagonista è la famiglia ebraica, i Crema, che assieme agli Ascoli, era solita frequentare questo comune lombardo.
La cittadina del Varesotto non ha mai mostrato particolari simpatie per il Fascismo, le cui adesioni si affievolirono dopo la proclamazione delle leggi razziali emanate nel settembre del 1938 dall’esecutivo guidato da Benito Mussolini.
Taino non aveva nel suo DNA la cultura del diverso, anzi respingeva chi si faceva capo dell’avversione verso gli altri. Ed è in questo contesto che la famiglia Crema riuscì a salvarsi dagli orrori della Shoah.
I Crema erano imparentati con una famiglia di Cheglio, una frazione di Taino. Arrigo Crema di Ispra si era unito in matrimonio con Maria Bielli, nata a Taino. Un’unione tranquilla fino allo spartiacque italiano durante il secondo conflitto mondiale: l’8 settembre 1943.
Dal giorno dell’armistizio, l’aumento delle persecuzioni razziali costrinse Arrigo Crema con i genitori, i fratelli e le rispettive famiglie, a fuggire dall’Italia, cercando una nuova casa in Svizzera. La moglie Maria, però, non seguì il marito e rimase ad Ispra. Il timore per i figli aumentava, così Maria decise di sistemarli a Taino: Maria Grazia, tre anni, venne accudita dalla la nonna materna, Angela Berrini, allo Stallaccio, mentre i più grandi Ada, Franco e Rino, vennero affidati alla loro tata, Piera Codega, e furono nascosti nel granaio di Virgilio Bielli, cognato di Maria Crema.
Tutti a Taino sapevano che quei bambini erano ebrei. Tutti, anche il podestà e il segretario del fascio che non denunciarono la loro presenza nel paese, i cui abitanti con silenzi compiacenti facevano finta di non sapere che i bambini fossero ebrei.
Il 14 settembre prossimo, questa vicenda sarà ricordata con uno spettacolo musicale che si terrà nella corte dei Bielli a Cheglio nell’ambito del “Festival del Lago Cromatico”.