Quando si parla di Shoah si corre il rischio di abituarsi. Di abituarsi alla morte, alle atrocità subite, esclusivamente in nome di una diversità, vista come un ostacolo e non come una risorsa. Motivo per cui per scrivere questo articolo sulla morte di Nedo Fiano, uno dei pochi sopravvissuti ad Auschwitz, verificatasi sabato scorso, abbiamo deciso di partire con le sue parole:
“Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita”.
Un dolore permanente, che non è svanito con gli anni. Perché vedere la propria famiglia sterminata non è una cosa che si supera con il tempo. Vivere sulla propria pelle, i campi di sterminio non è un’esperienza che ci si lascia alle spalle.
La vita di Nedo Fiano iniziò a cambiare all’età di 18 anni, quando venne arrestato a Firenze. Era il 6 febbraio 1944. Dal carcere fiorentino, Fiano fu trasferito al campo di transito di Fossoli, insieme con altri undici membri della sua famiglia. Da lì venne deportato, sempre con i suoi familiari, nell’inferno a cielo aperto, chiamato Auschwitz. Era il 16 maggio 1944, giorno in cui le speranze di un adolescente lasciarono il posto alle preoccupazioni per il futuro. Un futuro che con tantissime possibilità avrebbe significato la morte.
E invece Nedo Fiano venne liberato dalle forze alleate nel campo di concentramento di Buchenwald, il campo di concentramento dove fu portato dai nazisti in fuga. Era l’11 aprile 1945 e il 19enne Nedo si ritrovò a iniziare una nuova vita senza la sua famiglia.
Fiano è stato ricordato così dalla presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello:
“Mi piange il cuore. Ha avuto la forza di raccontare l’orrore a intere generazioni. Un esempio di vita per tutti noi. Un abbraccio a Emanuele Fiano e alla famiglia dalla comunità ebraica di Roma”.
Il figlio di Nedo Fiano è Emanuele, parlamentare del Partito democratico. A lui e a tutta la sua famiglia le condoglianze per la morte di una persona, che ha rappresentato una delle poche memorie storiche della Shoah.