Nelle pieghe dei notiziari che affollano le redazioni Web prima ancora di arrivare sulla grande stampa, trova spazio una nuova scienza: la “rohuanologia”. Decifrare i messaggi emessi da Teheran, i quali risultano di fatto criptati in forme complesse e sempre differenti, è per gli analisti sicuramente un impegno più complicato di quello affrontato quotidianamente dai tecnici del SETI sui loro radiotelescopi (per i lettori non appassionati a certi problemi: acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence). Ad Hassan Rouhani si attribuisce infatti una inclinazione “moderata”, non si sa rispetto a che cosa, e così ogni segnale iraniano trova interi battaglioni di esegeti, per poi immediatamente sparire nel mondo sovrappopolato dell’informazione. Il desiderio è chiaro, ma è anche una di quelle profezie che non sembra destinata ad autorealizzarsi: si vorrebbe infatti che i clerico-fascisti dominatori incontrastati di 78 milioni di iraniani decidano finalmente di bloccare l’inutile e costosissimo programma nucleare. L’atomica iraniana metterebbe infatti –metterà- a rischio la stabilità precaria del Medio Oriente e la pace nel mondo. Fermarla in tempo risulta interesse vitale anche dell’Iran. E’ questo il segnale che da Teheran non arriva.
Tuttavia, alla metà di dicembre, il Presidente Rouhani e la Guida Suprema Ayatollah Khamenei hanno autorizzato l’inaugurazione di un memoriale che ricorda i soldati ebrei (almeno 150) caduti nella guerra scatenata da Saddam Hussein, il despota di Baghdad, contro la neonata Repubblica Islamica dell’Iran. Una guerra del petrolio, combattuta dalle società petrolifere per interposto Iraq, e ormai assurdamente fuori da ogni memoria storica, che tra il 1980 e il 1988 provocò almeno due milioni di morti. La storia degli ebrei persiani ebbe inizio in tempi remoti, sotto il regno di Ciro il Grande. Ester e Mordechai vissero negli anni di Serse-Assuero. L’Islam sciita è più fanaticamente intollerante di quello sunnita, e così gli ebrei non ebbero vita facile nell’Iran imperiale. E’ bene ricordare che Sunna sta per “consuetudine prevalente”, mentre Shia è il “partito” dei seguaci di Alì, sconfitto nella lotta per la successione seguita alla morte di Maometto. La Persia-Iran dell’Imperatore Reza Pahlevi però aveva trattato bene i propri ebrei, e se ne contavano ancora molte decine di migliaia quando la monarchia fu rovesciata.
Leali cittadini della propria terra di ricordi e tradizioni, come i nostri nonni e bisnonni caduti combattendo nelle trincee del Carso durante la Grande Guerra 1915-1918. La ricompensa khomeinista non fu molto diversa da quella mussoliniana: alcuni ebrei subirono processi e condanne a morte per spionaggio e tradimento, l’intera comunità fu sospettata di “sionismo”. Accusa mortale. Emigrarono in molti.
Commemorare i caduti ebrei di una guerra nazionale non dovrebbe apparire strano, se non in un mondo votato al pregiudizio. Anche Stalin ricordava con rispetto i 200.000 soldati ebrei dell’Armata Rossa morti in combattimento contro i nazisti. E per inciso dovremmo ricordarli anche noi quando si insinua che gli ebrei subirono passivamente la Shoah. Gli ebrei iraniani sono obbligati alla completa, veemente dissociazione dal movimento sionista e dallo Stato di Israele. Si richiedono dichiarazioni e invettive. Le stesse che nel libero Occidente rilasciano non pochi ebrei, i quali dimostrano se non altro scarsa considerazione per la propria polizza-vita custodita a Gerusalemme e Tel Aviv. La scelta del professor Noam Chomsky a New York e a Londra ti porta nei salotti più trendy, a Teheran ti salva la casa e la vita. Chiaramente Rouhani vuole dire agli ebrei del mondo che il suo governo non è come Hitler. Ma oggi il mondo ebraico e la sensibilità degli ebrei non sono più quelli degli Anni Trenta del secolo passato. Chi vuole eliminare Israele in quanto Stato Ebraico minaccia la personalità profonda, l’anima stessa degli ebrei, anche se dichiara rispetto per gli ebrei residenti nel paese che amministra. Quando l’Iran rinuncerà alla bomba tornerà ad essere un interlocutore credibile.