Questa notte un folto gruppo di palestinesi ha dato fuoco al compound che contiene la Tomba di Giuseppe nella città di Nablus. Secondo Channel 2 la polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese è riuscita con molta fatica a disperdere la folla e a spegnere l’incendio al sito che contiene i resti del patriarca biblico. Al momento dell’arrivo dell’esercito israeliano gli scontri erano già terminati e l’incendio domato.
Secondo il sito web Walla, nonostante l’incendio sia stato tenuto sotto controllo molto velocemente, la sezione femminile del sito è stata gravemente danneggiata dalle fiamme. Al momento sembra non ci siano stati feriti durante gli scontri ma la notizia ha spazzato via la calma delle ultime 24 ore in cui sembrava scemata l’ondata di attacchi da parte dei palestinesi.
Il portavoce dell’esercito israeliano Peter Lerner ha diffuso un comunicato stampa molto duro in cui viene condannata “l’ennesima arrogante violazione del fondamentale principio di libertà religiosa”. Lerner ha aggiunto che “l’esercito prenderà le misure necessarie per per portare davanti alla giustizia i perpetratori di questo deplorevole atto, per riportare il sito alle condizioni in cui era prima e per assicurare che la libertà religiosa torni alla Tomba di Giuseppe”.
Come ogni venerdì di questo mese Hamas ha indetto per oggi una “giornata della rabbia”, ci si aspetta quindi che a questo incidente ne seguano altri, specialmente nei luoghi caldi di questi giorni come Ramallah, Betlemme, Nablus e Hebron dove sono stati spesso registrati scontri con le forze di sicurezza israeliane. Paura anche per Gerusalemme Est dove la situazione è destinata a crescere con l’avvicinarsi del momento delle preghiere pomeridiane. Al termine di quest’ultime sono previste proteste anche a Gaza fino a tarda sera.
Ynet riporta che Hamas ha richiesto ad ogni giovane di partecipare agli scontri creando tre diversi punti di frizione con l’esercito israeliano. Per questo IDF ha schierato rinforzi nei pressi del campo profughi di al Bureji e del villaggio di Shuja’iyya dove ci si aspetta che si concentreranno i riottosi.
Il leader del partito di opposizione Israel Beitenu, Avigdor Liberman si è detto indignato e ha tracciato un paragone fra l’Autorità Nazionale Palestinese e lo Stato Islamico affermando che l’incitamento alla violenza da parte di Mahmoud Abbas ha condotto prima all’uccisione di ebrei con coltelli e machete poi alla distruzione di siti sacri e storici esattamente come stanno facendo le truppe del Califfato.
La riluttanza a condannare simili azioni mostrata da Abbas era stata già presa di mira dal Primo Ministro Netanyahu che, in una conferenza stampa a Gerusalemme, aveva esplicitamente richiesto di dire qualcosa per calmare gli animi. Inoltre Netanyahu ha affermato che le violenze sono una diretta conseguenza delle bugie diffuse dall’Autorità Nazionale Palestinese, su tutte quella che vorrebbe Israele in procinto di cambiare lo status quo per il Monte del Tempio e quella sull’esecuzione del tredicenne palestinese Ahmed Manasra, smentita fra l’altro da una serie di foto pubblicate ieri che lo ritraggono vivo e vegeto all’ospedale Hadassah.
Nel frattempo il Segretario di Stato statunitense John Kerry ha avvertito Abbas che non verranno tollerate ulteriori violenze in un’intervista radiofonica all’emittente NPR News. “La frustrazione non giustifica la violenza, i palestinesi devono capirlo. Abbas si è sempre detto impegnato in una lotta non violenta, per questo deve condannare tali azioni in modo forte e chiaro. E soprattutto deve smetterla con quegli incitamenti alla violenza a cui ha prestato la voce in alcune occasioni. Tutto questo deve finire” è stato il commento del numero uno della diplomazia americana. Kerry ha aggiunto che è in fase di preparazione una visita nella regione nei prossimi giorni. Secondo i media israeliani avrebbe messo sul tavolo l’opzione di un incontro fra Netanyahu e Abbas in Giordania. Haaretz riporta che una conversazione telefonica fra Kerry e Abbas è già avvenuta questa settimana e il Presidente dell’ANP avrebbe promesso di provare a ridurre le tensioni con Israele. Al termine dell’intervista Kerry ha voluto ribadire la sua ferma condanna agli attentati terroristici degli ultimi giorni e il suo supporto al popolo israeliano che ha diritto di difendere la sua esistenza.