Durante il meeting del 7 Giugno u.s. Vladimir Putin e il capo del governo israeliano Netanyahu hanno deciso di iniziare una collaborazione militare tra i due Paesi. E’ una decisione storica, che rompe il classico ed univoco legame tra le Forze dello Stato Ebraico e quelle degli USA. Un cambio di prospettiva strategica, da parte di entrambi i Paesi, che modifica sensibilmente le vecchie, tradizionali posture ereditate dalla guerra fredda. Finisce il sostegno univoco di Mosca ai Paesi Arabi, ereditato dal XX Congresso del PCUS, nel 1956, per rafforzare le “borghesie nazionali” del mondo islamico; termina d’altro canto il rapporto univoco tra Gerusalemme e Washington, che era anch’esso in funzione di contrasto agli alleati dell’URSS in Medio Oriente. Una relazione, quella con gli USA, che ha da un lato rafforzato tecnologicamente Israele, ma lo ha costretto in un orizzonte strategico da piccola potenza regionale che, oggi, non è più ragionevole. Alla riunione del 7 Giugno hanno partecipato, insieme a Netanyahu, il capo dell’intelligence militare, gen. Hertzi Halevi, e il capo del Mossad, Yossi Cohen.
Nella prossima estate, peraltro, avranno luogo operazioni congiunte russo-israeliane navali ed aeree, con aerei e navi russe provenienti dalle basi siriane. Vi è anche da valutare un dato economico ed energetico: le aziende russe potranno partecipare allo sviluppo dei giacimenti israeliani Tamar e Leviatan. Ma vi è inoltre un dato strategico: la presenza russa eviterà che i giacimenti e le pipelines divengano oggetto di attacchi da parte di Iran, Hezbollah, Siria. Naturalmente, la collaborazione solo navale ed aerea è tale da preservare sia Israele che la Russia da un involontario mix di segreti militari. Sul piano operativo, il meccanismo di scambio di informazioni tra Mosca e Gerusalemme durante la guerra aerea in Siria verrà ulteriormente rafforzato ed esteso, poi vi saranno collegamenti strategici sul piano navale. La Russia è una grande potenza navale “tradizionale”, Israele ha una Marina Militare fatta di naviglio sottile e a risposta rapida. Un insieme ideale.
Per Putin l’interesse primario, oggi, è quello di rafforzare i legami tra Israele e la Turchia, per Netanhyahu invece la Russia potrebbe essere un power broker ottimale per trattare una pace definitiva tra lo Stato Ebraico e l’universo palestinese. La Russia, poi, non ha mosso un dito quando l’aviazione israeliana ha attaccato i convogli che andavano a rifornire, nella guerra siriana, le milizie sciite. Si prefigura, anche sul piano geoeconomico ed energetico, una alleanza tra Israele, Grecia e Cipro che potrebbe cambiare molte cose nel panorama finanziario e politico della UE. Una Unione Europea, per insipienza, che si trova ad avere un sistema economico e geopolitico a Sud-Est che non può controllare. Se l’ Unione Europea mantiene ancora le sanzioni verso la Russia, i Paesi strategicamente intelligenti (ormai rarissimi) cercheranno, come sta facendo Israele, di sostituirsi alla vecchia e ingenua UE. Le sanzioni contro Mosca dovrebbero cessare il 31 Luglio 2016, ma i danni economici per i Paesi europei sono stati drammatici. La Russia è, per la UE, il terzo mercato per l’export. La bilancia commerciale tra l’Unione e Mosca è caduta invece da 326 miliardi di Euro a 285.
Le contromisure russe sono state peraltro dure: l’estensione della chiusura del mercato interno e la perdita netta della UE valgono circa 11 miliardi di Euro, con una prospettiva, se le sanzioni continuassero, di 55 miliardi di Euro in perdite per la UE.
Ecco l’equazione strategica che cercavamo: l’economia europea, già in crisi, diventa un utile esperimento per una versione particolarmente severa del TTIP da parte degli USA; la Russia subisce un arretramento tecnologico nelle macchine utensili e in quelle per l’estrazione petrolifera, gli USA possono allora ricominciare il vecchio gioco della guerra fredda ai nuovi confini tra Europa e Federazione Russa. E’ un progetto geopolitico ingenuo e furbo insieme.
Ma poi, cosa ne viene all’Italia, o alla Francia, dall’innesco di un confronto in Ucraina? E’ un Paese in gran parte russo o russificato dalla notte dei tempi ed è, per Mosca, la garanzia strategica del passaggio regolare delle proprie pipelines dal Caucaso verso il Mediterraneo ed è,infine, un punto di irraggiamento degli interessi russi tra Mar d’Azov e Mar Nero, che non possono certo essere lasciati, per Mosca, ad una generica “forza internazionale”. Non bisogna poi dimenticare che l’Ucraina ha siglato, il 1 Gennaio 2016, il Deep and Comprehensive Free Trade Agreement con la UE. Per l’ultimo dato che abbiamo a disposizione, l’interscambio commerciale tra Ucraina e Unione Europea di 20,4 miliardi di Euro e allora, anche qui si svela la formula strategica sottostante: Kiev diviene un “mercato di sostituzione” al posto della Federazione Russa.
Peraltro, la Cina sfrutta oggi molto bene questo canale verso i mercati europei; e quindi abbiamo ancora un altro tassello della formula geopolitica attuale dell’Ucraina: essa, se la Russia non si muoverà, diverrà il grande hub tra l’Asia Centrale e l’UE, bypassando Mosca e rendendola marginale nel commercio mondiale. Era il grande sogno di Jeffrey Sachs della Banca Mondiale, chiamato a risolvere il disastro economico postosovietico di Mosca. Ma è realistico questo progetto? Noi pensiamo di no e, anzi, riteniamo che Israele abbia fatto benissimo a “sostituire” almeno inizialmente, l’appoggio delle FF.AA USA con quello dei militari russi. Washington se ne sta andando dal Medio Oriente, Gerusalemme lo sa bene e corre ai ripari.
Ma gli USA, a parte la questione del TTIP, se ne stanno andando anche dall’Europa. Peraltro, la questione del TTIP, per quanto se ne sa, ricorda molto da vicino il vecchio Year of Europe, pensato da Henry Kissinger nel 1973. Noi, gli USA, apriamo una parte dei nostri mercati ai vostri prodotti, ma ve li paghiamo con commercial paper da scontare. D’altra parte, la questione della Brexit incombe. Se, come gli ultimi sondaggi ci fanno pensare, il Leave vincerà, cambierà l’intera struttura geopolitica della UE. Sugli effetti abbiamo già parlato a lungo, ma c’è un dato strategico: se la Gran Bretagna esce dalla UE, si rafforzeranno inevitabilmente i suoi legami con gli, USA, e se Londra esce dal sistema europeo, potrà, prima di rinegoziare i trattati commerciali, operare con politiche aggressive sui mercati. Se infine l’Inghilterra se ne andrà, avremo una UE a direzione ancor più marcatamente tedesca. Insomma, ogni soluzione deve essere attentamente valutata, niente è oggi certo.