Mercoledì a Parigi verrà votata una nuova risoluzione dell’UNESCO in cui il Muro Occidentale, noto anche come Muro del Pianto, viene dichiarato parte della moschea di al-Aqsa. Nel documento il luogo più sacro per l’ebraismo viene chiamato Buraq Plaza e viene definito “parte integrante della sacra moschea di al-Aqsa”. Il rappresentante di Israele all’UNESCO, Carmel Shama Hacohen, ha indicato la risoluzione come un tentativo di “totale islamizzazione di un sito venerato sia dagli ebrei che dai musulmani”.
La bozza di sei pagine è stata presentata al Comitato Esecutivo da Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti a nome dell’Autorità Nazionale Palestinese. All’interno vengono inoltre condannate le azioni israeliane a Gerusalemme, nella West Bank e a Gaza.
La connessione storica fra ebraismo e Gerusalemme, documentata anche dai reperti storici trovati nell’area, viene completamente ignorata nel documento. Oltre a non essere presente nessun riferimento all’antico Tempio di Salomone, i termini usati nella bozza sono esclusivamente quelli usati dall’Islam per il Monte del Tempio e le zone circostanti.
Il Vice-ministro degli Esteri israeliano Tzipi Hotovely ha definito la risoluzione “un tentativo da parte dei palestinesi di riscrivere la storia minando uno dei fondamenti essenziali dell’ebraismo”. In passato l’organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura e l’educazione ha approvato risoluzioni di condanna nei confronti di Israele ma nessuna di queste arrivava al punto di riclassificare lo status del Muro Occidentale. E’ probabile che la richiesta palestinese ottenga facilmente la maggioranza grazie ai voti dei paesi Arabi. Secondo Carmel Shama Hacohen però “il tentativo di disconnettere il popolo ebraico dal Muro Occidentale sarebbe un passo troppo azzardato anche per gli Stati più ostili a Israele”. Inoltre l’ambasciatore israeliano all’UNESCO è convinto che “anche la tempistica è abbastanza problematica visto che il Monte del Tempio è l’argomento che ha provocato l’ondata di violenze contro i cittadini israeliani nell’ultimo mese”.
Al momento il sito è sotto la custodia dell’autorità religiosa islamica Waqf ma l’Autorità Nazionale Palestinese ha ripetutamente accusato Israele di voler riprendere il controllo dell’area. Accuse che Israele ha respinto insistendo di non voler modificare lo status quo.
Nel testo della bozza vengono denunciati i comportamenti di alcuni estremisti religiosi ebrei che con la loro presenza avrebbero “violato la santità e l’integrità della moschea”. Nessun riferimento invece viene fatto agli attacchi perpetrati da gruppi di palestinesi. Attacchi che peraltro sono stati ampiamente documentati con video e foto.
Il timore è che l’approvazione di una simile risoluzione possa incendiare ulteriormente una situazione già esplosiva. Gli Stati Uniti dovrebbero opporsi alla proposta mentre alcuni Stati europei stanno lavorando per emendare il testo in modo da ritenerlo accettabile.
Negli Stati Uniti due senatori del partito democratico, Nita M. Lowey e Ted Deutch, hanno inviato una lettera all’ambasciatrice americana all’UNESCO Crystal Nix-Hines per chiederle di bloccare la risoluzione. “Gli sforzi dei palestinesi per reclamare l’esclusiva proprietà di siti religiosi come il Muro Occidentale, la Grotta dei Patriarchi e la Tomba di Rachele, insieme alla negazione qualsiasi rivendicazione ebraica su questi luoghi nonostante gli ebrei vi abbiano pregato per migliaia di anni, rivelano un ostacolo centrale per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese: il rifiuto dei palestinesi di riconoscere l’esistenza stessa degli ebrei nella loro antica patria” lamentano i due senatori.
Anche molte organizzazioni ebraiche americane hanno presentato proteste formali al Direttore Generale dell’UNESCO Irina Bokova. La Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane ha emesso un comunicato in cui viene lamentata una completa indifferenza da parte dell’UNESCO nei confronti dei fatti storici. Nel comunicato viene sottolineato il comportamento dei leader musulmani che fino al 1948, anno di fondazione dello Stato d’Israele, non avevano mai avanzato nessuna pretesa sui luoghi sacri all’ebraismo e viene ricordato che per proteggere i diritti dei musulmani Israele ha spesso limitato l’accesso ai suoi cittadini ebrei e cristiani. “Nessuna risoluzione può cancellare duemila anni di storia. L’obiettivo di Abbas è quello di negare qualsiasi connessione fra il popolo ebraico e i suoi luoghi sacri. Abbas dovrebbe piuttosto concentrare le sue energie nel porre fine alle violenze commesse dai palestinesi e nel riprendere i negoziati diretti con Netanyahu. Queste azioni non fanno altro che minare qualsiasi prospettiva di pace e non porteranno nulla di buono alla sua gente.”
Secondo il Presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder “la proposta è in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione dell’UNESCO in cui è chiaramente esplicitato che il suo obiettivo è quello di contribuire alla pace promuovendo la collaborazione e la coesistenza”. Lauder ha aggiunto che “l’UNESCO non deve diventare il campo di battaglia per i conflitti religiosi. Azioni come questa invece di promuovere la pace incoraggiano gli estremisti ad intensificare la loro campagna contro Israele”.
Per Jonathan Greenblatt, Direttore Esecutivo dell’Anti-Defamation League, si tratta di una “cinica e incendiaria manipolazione per esacerbare le già gravi tensioni religiose a Gerusalemme”. “E’ ironico che mentre Israele riconosce i siti sacri ai musulmani garantendogli la libertà di culto questi ultimi cerchino di negare l’importanza di Gerusalemme per l’ebraismo” ha affermato Greenblatt prima di richiedere ai membri dell’UNESCO di respingere la risoluzione.
Non è la prima volta che Israele entra in polemica con l’organizzazione ONU per la cultura e l’educazione. Nel 2011 l’UNESCO ha riconosciuto l’Autorità Nazionale Palestinese come membro a pieno titolo, un’azione sanzionata dagli Stati Uniti con lo stop ai finanziamenti. Nel 2010 un’altra risoluzione aveva dichiarato la Grotta dei Patriarchi e la Tomba di Rachele “parte del patrimonio palestinese”.