Se fosse un film inizierebbe con l’inquadratura di una casa, poi di un tavolo da gioco, proseguirebbe con mani che sostengono le carte, fiches del piatto e sguardi attenti per non far trapelare alcun stato d’animo. Non è un film e non è solo una semplice partita di carte. È molto di più. Ma come nelle migliori tradizioni cinematografiche riavvolgiamo la pellicola e torniamo all’inizio di una storia incredibile.
Siamo in piena Seconda Guerra Mondiale, quando Manila, era al centro della “Campagna di Filippine”, quel complesso di operazioni militari che vedeva l’esercito Usa al fianco di quello filippino in contrapposizione al nemico Giappone. Nei rari momenti liberi, per alleggerire la tensione che ogni giorno cresceva, si giocava a poker a casa di quattro fratelli ebrei: Alex, Philip, Herbert e Morris Frieder, produttori e commercianti in sigari che nel 1918 spostarono la propria fabbrica da New York a Manila, per ridurre i costi di produzione.
Chi sedeva a quel tavolo da poker oltre ai fratelli Frieder?
Dwight Eisenhower, futuro presidente degli Stati Uniti, Manuel Quezon, presidente delle Filippine e Paul McNutt, consigliere diretto del Generale Mac Arthur, che coordinava le operazioni sull’isola, che in seguito divenne governatore dell’Indiana.
Tra una partita e l’altra i giocatori misero a punto un piano di salvataggio che avrebbe evacuato oltre mille ebrei nelle Filippine, per l’esattezza 1300 persone. Filippine dove trovarono rifugio molti ebrei aiutati da una politica di immigrazione particolarmente favorevole.
I fratelli Frieders allora si attivarono per salvare quanti più correligionari possibili. Riuscirono a farlo, perché capirono subito l’importanza del ruolo americano in questo salvataggio. Questa incredibile vicenda è stata raccontata in un articolo apparso sulla rivista “Tablet” ed è la prova che durante il secondo conflitto mondiale, salvare gli ebrei era possibile e che la loro morte non era un fatto ineludibile. La morte di nessuna popolazione è una pagina già scritta della Storia.