Papa Francesco? Sì. Barack Obama? Sì. Joachim Gauck? Sì. Francois Hollande? Sì. Matteo Renzi? Sì.
Hamas? No. Anche questa volta il gruppo terroristico ha confermato la propria disumanità e disprezzo per la vita, attaccando Shimon Peres, morto da poche ore.
A parlare dalla Striscia di Gaza è Sami Abu Zuhri, un portavoce del movimento terroristico palestinese:
“Shimon Peres era uno degli ultimi fondatori israeliani dell’occupazione, la sua morte segna la fine di una epoca nella storia dell’occupazione israeliana. Il popolo palestinese è felice della morte di questo criminale”.
Mentre Peres versava in gravissime condizioni Hamas gli aveva già lanciato parole al veleno, per bocca del suo capo del Comitato Relazioni Internazionali a Gaza, Basem Naim, che su Twitter aveva augurato al Premio Nobel per la Pace di “andare all’inferno” definendolo “l’architetto dei criminali accordi di Oslo”.
Non era stato da meno il parlamentare arabo israeliano Basel Ghattas (Lista Araba Comune) che aveva definito l’ex presidente israeliano:
“Uno dei pilastri del progetto coloniale sionista, uno dei più spregevoli, crudeli ed estremisti dirigenti d’Israele, il più dannoso e devastante per la nazione palestinese e per gli altri popoli arabi. Ciononostante Peres è riuscito a dipingere se stesso come una colomba, al punto di ottenere il premio Nobel per la pace. Al momento della sua morte, ricordiamo la sua vera natura come tiranno direttamente responsabile di crimini e crimini di guerra, coperto del nostro sangue dalla testa ai piedi”.
“Felice della morte”, così Hamas si è definito dopo il decesso di Shimon Peres. Tre parole che testimoniano, semmai ce ne fosse bisogno, l’odio di Hamas verso Israele e verso qualsiasi esponente o parte dello Stato ebraico. Difendere Hamas vuol dire difendere chi è felice della morte di un essere umano.