Perché alcuni nazisti sono vissuti così a lungo? Perché sono rimasti su questa Terra molto di più di quello che avrebbero meritato?
Domande a cui nessuno può dare risposte. Domande ingenue, forse, che però provengono dalle persone pure, che vorrebbero vedere il mondo in bianco e in nero, diviso in buoni e cattivi come nelle favole.
Sfidare la presunta ingenuità e provare a dare una risposta, per quanto possibile, in alcuni casi però diventa un’esigenza. Una spinta che viene da dentro, impossibile da frenare come la corsa di una pallina su un piano inclinato.
Tutto è nato in occasione della morte di Oskar Groening, il “contabile di Auschiwtz”, venuto a mancare pochi giorni fa all’età di 96 anni, che ha portato due persone a me molto vicine, diverse tra loro per istruzione, cultura, religione e credenza politica, a pormi la stessa domanda: ma perché alcuni nazisti vivono così a lungo?
Prima in ordine di tempo è stata quella a mezzo Whatsapp di un ragazzo ebreo, che osserva lo Shabbat, che ha sempre frequentato scuole ebraiche. Sionista, convinto che la pace fra Israele e palestinesi sia un traguardo raggiungibile. A bruciapelo ho scritto in maniera grossolana e romanesca: “ma che ne so…”. Una frazione di secondo dopo ho dato una risposta.
Seconda in ordine di tempo è stata quella faccia a faccia di un ragazzo cristiano, più di cultura familiare che di reale credenza, tradito dall’incapacità del comunismo teorico di diventare pratico e tangibile. In quel momento mi è tornata alla mente la domanda del mio amico correligionario.
Stupito che la stessa identica domanda fosse arrivata da due persone tanto diverse, ho cercato di dare più forma a una risposta dal medesimo contenuto.
“D-o ha tenuto in vita i nazisti tanto a lungo per far sì che noi continuassimo a ricordare”.
I nazisti sono il contraltare, il lato oscuro, la parte diametralmente opposta ai reduci dai campi di sterminio. Anche se tra le fila dei cattivi, contribuiscono senza alcun merito e volontà a tenere viva la memoria di una parte inspiegabile della storia umana.
È come se la morte in età avanzata di un nazista portasse noi a domandarci quali siano state le sue responsabilità, quali nefandezze abbia commesso, quale ferocia l’abbia portato a compiere azioni tanto malvage.
E allora lì a scavare quale sia stata la sua storia, terribile, se l’ha spinto a uccidere tante persone in maniera così disumana.
E l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi. Perché la mia cultura umana, la mia storia familiare antifascista, non mi permette di accettare un crimine così grande commesso dagli uomini contro altri uomini.