Quando sei un reporter di guerra e al seguito di truppe ti spingi quanto più vicino possibile alla linea del fuoco per raccontare la verità sui conflitti sai, e lo metti sempre in conto, che potrebbe finire male. Un colpo qualsiasi, di artiglieria, di fucile, di pistola o anche un bombardamento aereo improvviso possono mettere fine alla tua vita in un attimo. La paura, la tensione e i guai, che non finiscono mai, sono però il prezzo da pagare se si vuole dare un senso alla libertà di informazione e se si vuole continuare a essere i guardiani della democrazia anche e soprattutto dai teatri di guerra, dove gli uomini rischiano la vita e si giocano i destini geopolitici del mondo intero. Quando però a perdere la vita sono dei colleghi che non si sono avventurati nei deserti, sulle cime di qualche sperduta montagna o in uno dei tanti sentieri controllati da qualche signore della guerra legato ai servizi segreti di una o più potenze, ma sono solamente giornalisti impegnati nell’assemblea di redazione comodamente seduti in un ufficio al centro di una delle più importanti capitali europee qualcosa dentro si rompe e la voglia di urlare arriva e diventa irrefrenabile.
Personalmente non sono mai stato d’accordo con quello che veniva pubblicato su Charlie Hebdo, sia per i contenuti sia, e soprattutto, sul modo in cui la redazione al completo si prendeva gioco di tutto e di tutti, in maniera irrispettosa nel migliore dei casi e con insulti veri e propri in una scala in crescendo che spesso mi ha portato a pensare che fossero degli imbecilli ai quali non valeva neanche la pena rispondere. Ma non è questo il punto. Il punto non è una mera questione giocata sulla lana caprina, ma un interrogativo importante al quale rispondere sulla canna di un Kalashnikov o sulla lama di una baionetta e cioè: nell’Europa di questo 2015 appena cominciato che fine ha fatto la libertà di parola e di stampa? Gli ‘imbecilli’ avevano o no il diritto di esprimere la loro imbecillità senza essere ammazzati a sangue freddo all’interno di una redazione al centro di Parigi? Parigi è Kabul? È Gaza? È Bagdad? È Teheran? È Damasco? È Tripoli? La Ville Lumière è diventata un posto dove chi esprime le sue idee, anche imbecilli, deve essere passato per le armi in nome di un DIO o di una religione che raccoglie fra i suoi adepti troppi personaggi che girano con il colpo in canna pronti a farsi giustizia da soli e non per le vie che la democrazia ha consolidato dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi? Dov’è l’Islam moderato in questo momento che dovrebbe far sentire forte la sua voce e collaborare con le autorità per mettere al più presto alla sbarra esecutori e mandanti della carneficina odierna? Dov’è la sua voce? I silenzi e le incertezze potrebbero essere interpretati in tanti modi e il più rischioso è quello che porta le genti d’Europa a sentire sempre più forte il pericolo che potrebbe nascondersi dietro allo straniero, in un crescendo che alla fine porta inevitabilmente allo scontro aperto.
Nei giorni scorsi siamo stati testimoni di attentati ‘semplici’ quelli che vengono denominati ‘a bassa intensità’, come ad esempio le automobili che hanno investito, senza alcun motivo apparente, pedoni di passaggio. È successo in Francia e in Belgio e sempre al grido di ‘Allah Hu Akbar’ e anche se nessuno ci ha creduto le autorità francesi e belghe hanno ogni volta provato a far passare gli attentatori come malati di mente, ma questa volta non è possibile. Quello alla redazione di Charlie Hebdo è stato un vero assalto programmato da professionisti, dai filmati li si vede muovere con agilità e competenza di tecniche militari e terroristiche, da come raccoglievano i bossoli dei colpi sparati a come hanno ‘freddato’ a terra un poliziotto della gendarmeria parigina. Un assalto portato a meno di due ore dalla pubblicazione della vignetta incriminata, cosa che lascia pochi dubbi sul fatto che si trattasse di una cellula dormiente pronta a colpire, serviva solo l’obbiettivo. Da oggi le testate francesi e del resto d’Europa saranno più politicamente corrette di come lo sono state fino ad ora? Cederanno un altro pezzo di libertà di fronte al ricatto e alla violenza? Speriamo di no, speriamolo davvero, ne va del futuro di tutti noi.