Continuano le accuse a Israele in merito alla situazione a Gaza da parte di Papa Francesco, che nell’Angelus di ieri ha ribadito:
“Con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà, ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali. Quanta crudeltà”.
Accuse che il Pontefice sta intensificando contro Gerusalemme, arrivando a scrivere che nella Striscia occorre:
“Indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica di genocidio formulata da giuristi e organismi internazionali”.
Dal soglio di Pietro una sostanziale approvazione anche per la realizzazione di un presepe esposto a il 7 dicembre in piazza San Pietro a Roma nell’ambito della mostra di Natale del Vaticano, in cui è stato raffigurato Gesù bambino avvolto nel simbolo palestinese della kefiah.
Il Papa è incappato in un altro grossolano errore, sostenendo in maniera errata il rifiuto al Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, di entrare a Gaza: notizia puntualmente smentita da Israele.
Se dal Vaticano un Papa adombra l’ipotesi di un genocidio, non possiamo sostenere con certezza che rientri nelle sue convinzioni personali, ma possiamo altresì ritenere che l’utilizzo del termine giuridico contribuisca a fare confusione sul suo reale significato e sulla conseguente (non) messa in pratica.
Se dal Vaticano si accetta la rappresentazione di Gesù avvolto in un simbolo palestinese viene il sospetto che si voglia debraicizzare il figlio di Maria; che è nato, vissuto e morto da ebreo. La storia della kefiah a quanto risulta affonda le sue radici secoli dopo la vita di Gesù. E allora come si può accettare questa retrodatazione se non con il tentativo iniziato anni fa di cancellare il legame tra il popolo ebraico e la Terra d’Israele?
La risposta istituzionale a Papa Francesco è arrivata dal Ministro israeliano della Diaspora e contro l’antisemitismo, Amichai Chikli, pubblicata su Il Foglio qualche giorno fa, di cui riportiamo una piccolissima parte (clicca qui la versione integrale):
In quanto popolo che ha perso sei milioni dei suoi figli e figlie nella Shoah, siamo particolarmente sensibili alla banalizzazione del termine “genocidio”.
Una banalizzazione, ha continuato Chikli, che si avvicina pericolosamente alla negazione della Shoah stessa.