Una pagina Facebook legata ad Al-Fatah non è più online. Il nome della pagina è “Il movimento di liberazione nazionale palestinese Fatah / La pagina ufficiale”, accusata di incitamento all’odio contro Israele e contro gli ebrei.
Più che una chiusura di Facebook è stata un’auto sospensione dell’editore Munir Jaghoub, che a Timeofisrael ha dichiarato di aver anticipato Facebook per paura di una possibile cancellazione definitiva:
“Abbiamo deciso di chiuderlo per un periodo di tempo come misura precauzionale. Eravamo preoccupati che Facebook lo avrebbe chiuso definitivamente a causa della campagna dell’organizzazione israeliana e delle denunce contro di essa”.
Dove per organizzazione israeliana leggasi Palestinian Media Watch (PMW), un’organizzazione non governativa che frequentemente ha denunciato l’incitamento all’odio contro lo Stato d’Israele e il popolo ebraico.
Munir Jaghoub ha continuato:
“Possiamo riattivarlo in qualsiasi momento, ma vogliamo assicurarci di farlo dopo che questa ondata di attacchi contro i passaggi della pagina”.
Facebook ha diramato in una nota in merito:
“Abbiamo ricevuto segnalazioni su contenuti potenzialmente in violazione in questa pagina e, come facciamo con tutti questi rapporti, stiamo esaminando tali contenuti per determinare se violano le nostre norme”.
Questa è la ricostruzione di quanto avvenuto. Ciò che deve interessare è che in un modo o in un altro social legati o di Al-Fatah inneggino all’odio e all’intolleranza contro tutto ciò che ruota attorno a Israele e agli ebrei.
È mai possibile che il partito di Abu Mazen, che spesso nei discorsi in arabo attacca Israele e in inglese inganna la comunità internazionale con parole concilianti, possa dichiaratamente pubblicare contenuti contro Israele e il popolo ebraico?
Risposta che dovrebbe essere scontata. Risposta che dovrebbe dare gli altri stati, che non sempre sono equidistanti quando si parla di Medioriente.