La crisi energetica di cui soffre Gaza da aprile è solo una delle tante tessere del mosaico che compone la lotta intestina più che decennale tra cosche arabe rivali, quella di Fatah e di Hamas. Il megafono solerte dell’Agitprop palestinese con ampie diramazioni internazionali, l’ha, ovviamente attribuita ad Israele. Nulla di cui meravigliarsi. Si tratta, come sempre, di quella vasta saga della criminalizzazione dello stato ebraico di cui si cominciarono a scrivere rapidamente i primi capitoli appena Israele vinse clamorosamente e inaspettatamente la Guerra dei Sei Giorni nel 1967. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, soprattutto acqua maleodorante di marrana, fetido liquame sempre ingrossato, da rovesciare alla bisogna su Israele e gli israeliani. Ne diamo spesso conto, e ancora lo faremo. La realtà, tuttavia, disegna altri scenari, opposti a quelli raccontati, e si capisce che così sia poiché lo scopo della propaganda è quello di invertire l’ordine del vero e di mettere al suo posto un simulacro capovolto. Labor diabolus di grande forza e suggestione.
L’ammanco energetico di Gaza null’altro è se non il frutto di un contenzioso tra Fatah e Hamas su chi debba pagare il conto dell’elettricità, questione assai prosaica, con Hamas che si rifiuta di farlo e Fatah che ritira il proprio contributo finanziario. L’accusato però è Israele, reo di non fornire gratuitamente l’energia a chi preferisce spendere i soldi per pagarla in armamenti e nella costruzione di tunnel sotterranei intesi a fare passare terroristi oltre confine allo scopo di massacrare quanti più ebrei possibili.
A questo canovaccio si è ora aggiunto il rifiuto di Abu Mazen, di pagare per le spese mediche di quei gazawi i quali vorrebbero curarsi fuori da Gaza, appena 447 quelli autorizzati dall’Autorità Palestinese. Il World Health Organization ha stimato che da giugno a oggi l’apporto finanziario dell’Autorità Palestinese per la sanità a Gaza è diminuito dell’80% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E non si tratta di penuria finanziaria, le risorse dell’Autorità Palestinese abbondano-soprattutto quando si tratta di stipendiare i terroristi in carcere e le loro famiglie-ma della precisa volontà di Abu Mazen di umiliare Hamas mostrando il suo potere.
Il vero romanzo criminale, quello da scrivere basandosi su un’ampia e circostanziata mole di fatti e documenti, non è su Israele “oppressore” dei palestinesi, ma quello sulle cricche arabe che, ben radicate a Gaza e in Giudea e Samaria, opprimono da decenni la popolazione. Nelle parole di Bassem Eid, in una recente intervista concessa a L’Informale:
“L’obbiettivo principale della leadership palestinese è quello di continuare a tenere i palestinesi in ostaggio a vantaggio del conflitto. Questo è il suo scopo principale. Siamo ostaggi della nostra leadership non di Israele, non dell’occupazione. Si tratta esattamente del contrario”.
Tutto questo è palese per chi è addentro alla realtà mediorientale e non l’abbia sostituita con la fiction dominante che tanto piace a molte cancellerie europee, in cui i palestinesi sarebbero vittime di Israele e non, come sono nei fatti, della loro classe dominante.