ONU contro Israele: il solito triste copione. L’Assemblea generale dell’Onu, riunita in sessione straordinaria su richiesta di Algeria e Turchia, ha approvato nei giorni scorsi una nuova risoluzione di condanna verso Israele per “uso eccessivo, sproporzionato e indiscriminato della forza” nei confronti dei palestinesi. È un copione che si ripete, da anni, da parte di un organismo che ha di fatto perso ogni credibilità politica. Feroci dittature e Paesi canaglia, dove avvengono esecuzioni di gay, arresti in massa di dissidenti, torture, sono totalmente ignorati. Nel mirino, sempre Israele.
I fatti a cui si riferisce quest’ultima risoluzione, denominata “Protezione della popolazione civile palestinese”, sono riferiti alle proteste che, ormai con cadenza settimanale, dal 30 marzo, vanno in scena ogni venerdì, ai confini con Gaza. Israele è aggredito dai terroristi di Hamas, con lanci di bottiglie molotov, ordigni rudimentali, ora, ultima trovata, con aquiloni e palloni ai quali sono attaccate bottiglie incendiarie che stanno causando roghi e danni ingenti alle colture e minacciano i villaggi israeliani. Coperti dalle dense colonne di fumo provocate dall’incendio di gomme di auto, i palestinesi cercano inoltre di tagliare le recinzioni di confine ed entrare in Israele secondo i dettami di Hamas che esorta gli assalitori a rapire gli israeliani, meglio se sono soldati. L’esercito israeliano si difende come può da questa aggressione, ma per fermare certi assalti è costretto a sparare e dunque a fare vittime.
Puntuale arriva la condanna dell’Assemblea plenaria dell’Onu. La risoluzione, presentata da Algeria e Turchia, passa a larghissima maggioranza: 120 a favore, 8 contrari (Stati Uniti, Australia, Togo, Israele e il consueto drappello del Pacifico: Isole Marshall, Micronesia, Nauru, e Isole Solomon) e 45 astenuti. Tra gli astenuti molti Paesi europei, tra i quali Italia, Austria, Albania, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Ungheria, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Macedonia. A favore della risoluzione, e dunque contro Israele, tra gli altri, Belgio, Francia, Spagna (Paesi, tra l’altro, colpiti duramente dal terrorismo islamico) e la “neutrale” Svizzera che neutrale, in questo caso proprio non è stata.
I toni della risoluzione rispettano il solito copione anti-israeliano, rispolverando una terminologia burocratica che appare totalmente fuori luogo. “L’Assemblea chiede che Israele si astenga da tali azioni e si attenga pienamente ai suoi obblighi giuridici previsti dalla quarta convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra, del 12 agosto 1949”. E a poco serve, che gli stessi dirigenti di Hamas abbiano candidamente ammesso che la maggior parte delle vittime degli scontri non erano civili, ma miliziani combattenti.
L’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha denunciato che ancora una volta si attacca Israele e non si fa menzione di Hamas, “organizzazione riconosciuta internazionalmente terroristica, direttamente responsabile delle violenze nella regione”. Chi ha sostenuto la risoluzione è “colluso con un’organizzazione terroristica -ha detto Dannon – Voi siete le munizioni per le armi di Hamas. Voi siete le testate per i suoi missili“.
L’ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley, ha definito la risoluzione “totalmente di parte, che non che non fa nulla per favorire la pace né per migliorare le condizioni dei palestinesi”. Nikki Halley aveva proposto un emendamento per un’esplicita condanna di Hamas per il lancio di razzi, la promozione delle violenze e la realizzazione dei tunnel per infiltrarsi in Israele, mozione che è stata inizialmente approvata con 62 voti a favore, 58 contro e 42 astensioni, ma non avendo raggiunto la maggioranza dei due terzi e stata nuovamente posta in votazione e questa volta respinta (66 voti a favore, 72 contro, 26 astenuti).
La risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu non ha carattere vincolante, dunque non avrà alcun effetto pratico al contrario di quanto avviene per il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il primo giugno scorso, il Kuwait aveva proposto un testo praticamente identico di condanna contro Israele al Consiglio di sicurezza, 10 Paesi (su 15 membri) avevano votato a favore, ma il testo era stato bloccato dal veto degli Stati Uniti.
Due parole, infine, sulla Turchia, che ha proposto la risoluzione. Per chi non lo sapesse, il dittatore Erdogan, dal momento del fallito golpe del luglio 2006, ha messo in carcere 160 mila persone. Tra queste, docenti universitari, professori, oltre 150 giornalisti, sei dei quali, il mese scorso, sono stati condannati all’ergastolo, ha chiuso decine di testate giornalistiche, ha fatto arrestate oltre 1.500 avvocati che avevano preso le difese di imputati nei processi. Senza contare che bombarda stabilmente le popolazioni curde in Siria (comprese donne e bambini). Tutto questo nel più completo silenzio dell’Onu e delle diplomazie internazionali. Per Erdogan, anzi, onori e ricevimenti. Il 5 febbraio scorso il dittatore turco è stato ricevuto dal Papa e fanno specie le fotografie che li ritraggono sorridenti mentre si stringono la mano, in pieno accordo su un punto comune, la preoccupazione per lo status di Gerusalemme. Follia del Mondo di oggi.