Il Premio Nobel per la Pace di quest’anno andrà alle quattro organizzazioni che si sono impegnate nel dialogo per la transizione della Tunisia verso la democrazia. Il premio è soprattutto un incoraggiamento nei confronti di tutti quei gruppi che vorrebbero applicare lo stesso metodo in Libia e in Siria una volta estirpato lo Stato Islamico da quei territori.
Il Direttore della Lega per i Diritti Umani tunisina Abdessatar Ben Moussa ha dichiarato ai reporter che il motivo di questo successo è dovuto alla “necessità di dialogo” perché “le armi non sono mai una soluzione”. Insieme alla Lega per i Diritti Umani sono state premiate altre 3 organizzazioni: il Sindacato Generale dei Lavoratori Tunisini, la Confederazione dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato e l’Ordine degli Avvocati. Queste organizzazioni hanno composto il Quartetto Nazionale per il Dialogo che si è rivelato decisivo per il passaggio alla democrazia della nazione nordafricana.
L’assegnazione era stata già annunciata ad Ottobre, ieri il Quartetto ha ricevuto il premio direttamente dalle mani di Kaci Kullmann Five, Presidente del Comitato per il Nobel, durante la cerimonia svoltasi a Oslo.
Il lavoro del Quartetto fu fondamentale quando le rivolte misero in pericolo la transizione della Tunisia verso il sistema democratico nel 2013 riuscendo a portare al tavolo delle trattative il partito islamista Ennahda. Si tratta di una rara storia di successo emersa durante le Primavere arabe, nate proprio in Tunisia, che sebbene siano state accolte con entusiasmo da molti commentatori politici si sono rivelate insufficienti nel portare la democrazia nei regimi islamici. Nel 2014 la Tunisia ha adottato una nuova costituzione e poco dopo si sono tenute le prime libere elezioni democratiche nel paese. Negli altri paesi dove le Primavere arabe hanno fatto sentire i loro effetti, precisamente Libia, Yemen, Siria ed Egitto, oggi c’è il caos, se non addirittura la guerra civile, oppure le rivolte sono state soffocate nel sangue.
I vincitori hanno espresso il desiderio di vedere lo stesso modello replicato in altri paesi sotto il giogo delle dittature. Non sono mancati però i riferimenti alla fragilità del processo democratico costantemente minacciato dal jihadismo. Quest’anno infatti in Tunisia è stato dichiarato lo stato di emergenza per ben due volte, l’ultima il 24 Novembre con l’attentato suicida ad un bus della guardia presidenziale che ha causato 12 morti rivendicato dallo Stato Islamico. Altri due gravi attentati hanno colpito la Tunisia nel 2015: a Marzo 22 persone furono uccise al Museo del Bardo di Tunisi, il Giugno seguente persero la vita 38 turisti sulla spiaggia di Sousse.
Anche i numeri relativi ai foreign fighters sottolineano il fatto che la Tunisia non ha ancora sconfitto il problema del jihadismo. Secondo alcuni gruppi delle Nazioni Unite è stimato in circa 5500 unità il numero dei tunisini che hanno scelto di andare a combattere in Siria, Iraq e Libia, una quantità che rende la Tunisia il primo paese per produzione di foreign fighters. L’impatto più importante che il terrorismo islamico ha avuto sul paese nordafricano è senza dubbio economico: alla fine di Ottobre gli hotel tunisini hanno comunicato di aver registrato un calo nelle prenotazioni del 60% rispetto all’anno precedente, un duro colpo all’industria del turismo che rappresenta circa il 7% dell’economia del paese con quasi 500.000 posti di lavoro direttamente o indirettamente collegati a questo settore.
Per contrastare analfabetismo, povertà e marginalizzazione, reputate dal Quartetto le cause maggiori che portano alla radicalizzazione, la prossima sfida è quella di aumentare i salari minimi e di portare a termine una transizione economica verso un modello più simile a quello europeo. Oltre alla medaglia d’oro e al diploma, ai vincitori è stata devoluta una somma in denaro pari a 951.500 dollari.