La mostra su Tel Aviv ospitata al Maxxi di Roma è un’occasione per ammirare la crescita della città dalla sua nascita a oggi.
Tra fotografi, plastici, schizzi e video, al visitatore vengono svelate le architetture della Città Bianca, influenzata dalla Scuola Bauhaus di Weimar.
Il viaggio inizia a cavallo degli Anni 20 e 30, quando la città cominciò a crescere in seguito alle migrazioni dall’Europa e fu disegnata secondo il gusto e gli influssi di intellettuali e architetti, riuscendo a trasformare Jaffo, una zona moderna e funzionale.
La mostra “Tel Aviv White City” curata da Nitza Metzger Szmuk è un museo a cielo aperto, che mette in scena il grande cambiamento portato in città dagli architetti. Architetti che avevano studiato e lavorato in Europa che si avvalsero della forza trasformatrice degli orientamenti rivoluzionari dell’architettura europea per migliorare l’aspetto di Tel Aviv.
L’inaugurazione della mostra Tel Aviv White City, che rimarrà al Maxxi di Roma fino al 2 settembre prossimo, è stata accompagnata dalle polemiche per quanto sta succedendo in questi giorni al confine tra Israele e Gaza.
Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della mostra Tel Aviv the White City per i 70anni della nascita di Israele, ha dichiarato:
“Siamo amici di Israele da sempre e proprio perché siamo amici, ci sentiamo liberi di dire che il sangue versato drammaticamente ieri ci rattrista moltissimo e rovina un po’ questa festa. Dirigo una grande istituzione culturale che in queste ore soffre. Le istituzioni culturali servono anche a questo: a non interrompere mai il filo del dialogo. Anche nei momenti più tragici e difficili”.
Vero. Una grande istituzione culturale deve essere un ponte per il dialogo fra posizioni divergenti. Per farlo, però, dovrebbe andare più affondo nelle situazioni.
Dovrebbe sapere che un paese non può permettere che i terroristi abbiano libero accesso nel proprio territorio.
Dovrebbe riconoscere che Hamas paga i manifestanti per creare disordini al confine e sfrutta il dolore del popolo palestinese per continuare nella loro guerra volta alla distruzione di Israele.