Come è ormai noto, ieri pomeriggio un ministro dell’ANP è morto durante il trasporto in ospedale, dopo aver partecipato ad una manifestazione nel West Bank.
Le autorità palestinesi non hanno perso neanche un secondo a puntare il dito contro i soldati israeliani, accusandoli di essere i diretti responsabili, gli assassini, di Abu Ein, senza neanche aspettare gli esiti delle indagini, e anche i maggiori quotidiani gli hanno fatto eco.
Si è parlato di percosse, di botte al petto con il calcio del fucile e anche di soffocamento; le conclusioni affrettate dicono che sono state queste le cause della morte.
Oggi, dopo l’autopsia, medici israeliani, palestinesi e giordani sembrano d’accordo che la causa della morte del ministro palestinese sia stato un attacco cardiaco dovuto all’ostruzione delle arterie coronarie. Soltanto ora emerge anche che Abu Ein soffriva di problemi cardiaci, in passato era stato più volte colto da infarti ed aveva l’80% delle arterie intasate per il troppo fumo. Insomma, il suo cuore era malandato e l’ultima cosa che avrebbe potuto fare è partecipare ai disordini di piazza.
Hen Kugel, il medico israeliano che ha partecipato all’autopsia, ha fatto sapere ai quotidiani israeliani che si è in attesa di ulteriori test, ma che si sa cosa sia successo: “Abu Ein è morto per un attacco di cuore perché le arterie presentavano un significativo blocco ed il cuore era in cattive condizioni”. Quando durante i disordini con la polizia, il ministro è stato afferrato per il collo per essere respinto, lo sforzo ha causato uno sforzo che non ha retto e per questo è morto.
Nel frattempo fonti palestinesi riportavano falsi dettagli sui soccorsi, mentre la testimonianza del giornalista britannico di Sky News, Tom Rayner, afferma che i soccorritori israeliani accorsi appena Abu Ein ha avuto il malore, sono stati bloccati dagli stessi manifestanti palestinesi e che soltanto qualche tempo dopo (anche dopo una intervista rilasciata dallo stesso ministro) è stato portato in una macchina alla volta dell’ospedale di Ramallah.
Come spesso è accaduto in passato, non solo Abu Mazen ha fatto passare l’incidente come un omicidio volontario da parte dei militari che controllavano la zona, ma ha colto la palla al balzo per recidere ancora di più i rapporti già labili con Israele, dichiarando di non voler collaborare più dal punto di vista della sicurezza nel West Bank. In poche parole, vorrebbe andare contro gli Accordi di Oslo firmati negli anno ’90 da Arafat.
CHI ERA ABU EIN?
Ziad Abu Ein fu un membro del Consiglio dell’organizzazione terroristica di Abu Nidal, la stessa che causò 13 vittime nell’attentato all’aeroporto di Fiumicino nel 1985, per capirci.
Nel 1981 fu estradato dagli Stati Uniti per l’uccisione di due ragazzini di 16 anni e per il ferimento di altri 36 israeliani; nel giorno della festa ebraica di Lag BaOmer, Abu Ein piazzo una bomba in un cestino a Tiberiade e nell’esplosione rimasero uccisi David Lankari e Boaz Lahav. Fu condannato all’ergastolo, ma rilasciato già nel 1985 nell’ambito di uno scambio con tre soldati israeliani che erano stati rapiti dai terroristi palestinesi. In quel contesto vennero rilasciati più di mille attentatori palestinesi.