La notte fra il 21 e il 22 aprile, i resti di un missile sparato dalla Siria sono stati trovati nella piscina vuota del kibbutz Ashalim, nel Negev, a circa dieci chilometri da Sde Boker, il villaggio dove Ben Gurion passò gli ultimi anni di vita e dove è sepolto. Ma soprattutto a circa venti chilometri da Dimona, dove c’è il principale impianto nucleare israeliano e a venticinque da Nevatim, la principale base dell’aeronautica militare israeliana, dove sono ospitati di solito gli F35. Il missile è partito da una batteria a Nord Est di Damasco, ha sorvolato la Giordania, il Mar Morto a poca distanza da Gerusalemme, infine Beer Sheva. E’ andato a finire su un territorio poco popolato, dove Iron Dome non l’ha fermato per mancanza di batterie o perché il sistema ha valutato che il rischio fosse scarso. Probabilmente la traiettoria del missile è durata qualche minuto, un tempo troppo scarso per mettere qualunque intervento protettivo non pianificato in precedenza. Israele ha subito risposto colpendo la batteria che aveva sparato il missile e altre simili.
E’ un episodio, che non ha prodotto danni consistenti. Ma ci dice molto sul rischio che Israele corre e sulla possibilità che d’improvviso esploda una guerra. Il missile siriano ha mostrato in maniera chiarissima che tutto Israele è a portata dei bombardamenti terroristici: non solo i villaggi intorno a Gaza, e Dimona e Nevatim, ma Gerusalemme, Tel Aviv con il comando generale delle forze armate israeliane in pieno centro, Haifa con i suoi impianti chimici che se colpiti sarebbero pericolosi come una bomba atomica, Beer Sheva, l’aeroporto Ben Gurion. Non sappiamo se a sparare il missile sia stato autonomamente il regime di Assad o se il comando di usarlo venisse da Teheran, magari per rappresaglia al sabotaggio dell’impianto di Natanz, centrale nel progetto di armamento nucleare iraniano. Gli ayatollah hanno missili a lunga gittata in grado di colpire Israele, ma preferiscono appoggiarsi ai regimi fantoccio che sostengono.
Ancor più dell’esercito siriano, che è sottoposto a continue interdizioni aeree da parte israeliana, quel che potrebbe dare il via a una guerra è Hezbollah. Cito da un articolo molto interessante appena uscito sul tema: “Si ritiene che il movimento terrorista, che aveva circa 13.000 missili nel 2006, ne abbia ora 130.000-150.000, inclusi missili a lungo raggio che “possono raggiungere ogni centimetro quadrato di Israele“. Il generale Uri Gordin del comando del fronte interno dell’esercito israeliano ha avvertito che “Israele potrà essere colpito da 2.000 missili al giorno” nei primi giorni di una futura guerra con Hezbollah (si stima che ne siano stati sparati 3.970 durante l’intera guerra del 2006). Data la vicinanza geografica, un missile lanciato dal Libano potrebbe colpire Tel Aviv o Gerusalemme in 75 secondi ed Eilat in 95 secondi. […] Inoltre, circa 500-1000 missili sono stati adattati con sistemi GPS avanzati che consentono loro di colpire obiettivi con straordinaria precisione. Invece di lanciare semplicemente missili nella direzione generale dei centri abitati israeliani, questi missili a guida di precisione (PGM) possono essere puntati su obiettivi strategici. […] È possibile che un conflitto Israele-Hezbollah possa degenerare in una “guerra su più fronti su 5 poli” con attacchi missilistici da parte di burattini iraniani in Siria, Iraq, Gaza e persino Yemen, dove si ritiene che gli Houthi possano raggiungere Eilat.”
Israele dalla sua ha un sistema antimissili a molti strati e molto rodato, dall’Iron Dome all’”Arrow4” per i razzi intercontinentali. Ma “se stiamo parlando di 2.000 missili [al giorno], … certamente, Israele non ha la capacità di abbatterli tutti o anche la metà“, ha detto Steven Emerson, direttore of the Investigative Project on Terrorism , in un seminario tenuto qualche giorno fa ma ha aggiunto che Iron Dome “è progettato per intercettare solo i razzi la cui traiettoria potrebbe atterrare su un obiettivo civile o strategico ( nei recenti conflitti con Hamas e la Jihad islamica si trattava di circa il 30-35 per cento dei razzi in arrivo).” Resta dunque necessaria la strategia di colpire attivamente le batterie di lancio dei missili, oltre a fermarli in volo “Nel febbraio 2021, l’aeronautica militare israeliana ha inviato un messaggio a Hezbollah” conducendo un’esercitazione che ha colpito 3.000 obiettivi nell’arco di 24 ore. L’intelligence militare israeliana ha “un’idea abbastanza buona di dove siano le batterie“. E’ chiaro che in questa situazione Israele dovrà cercare di colpire il prima possibile, magari in anticipo, per bloccare preventivamente il tiro dei terroristi. Bisogna aggiungere che i lanciamissili di Hezbollah, come quelli di Hamas, sono quasi sempre annidati in mezzo a villaggi e città, vicino a scuole, ospedali, moschee, che sono usati come scudi umani. Si prospetta insomma uno scenario di guerra durissimo, che coinvolgerebbe molto la popolazione civile. Nel 2006 le vittime furono circa 1300 in Libano e 165 in Israele in 34 giorni di combattimenti. E’ probabile che in una prossima guerra sarebbero decine di volte di più. Questo è il terribile gioco che evoca chi spara i suoi razzi sul territorio di Israele.