Il governo del Sudafrica ha dichiarato ufficialmente di essere contrario alla partecipazione dell’attuale Miss Sudafrica al concorso Miss Universo, che per la prima volta nella storia di svolgerà in Israele, il prossimo 12 dicembre.
Senza usare mezzi termini, il partito di governo l’African National Congress ha provato a convincere gli organizzatori del concorso sudafricano a non far partecipare Lalela Mswane alla kermesse di bellezza di Eilat, che hanno rispedito al mittente la richiesta, sostenendo che un concorso di bellezza “non è un evento politico”.
Secondo gli organizzatori, infatti, lo Stato Ebraico è stato scelto per la sua:
“Ricca storia, i bei paesaggi, la molteplicità di culture e il suo fascino come destinazione turistica globale”.
La strumentalizzazione politica di un concorso di bellezza non è nuova e non una prerogativa sudafricana.
Già nel 2017, Miss Iraq Sarah Idan, fu pesantemente attaccata e fu costretta a lasciare il proprio paese, rea di aver fatto un selfie con l’allora Miss Israele Adar Gandelsman durante il concorso per Miss Universo 2017.
Proprio Sarah Idan è intervenuta sulla vicenda che sta vedendo protagonista la sua collega sudafricana.
Sarah Idan ha spiegato a The Algemeiner:
“Desidero avvertire le reginette di bellezza di prepararsi a un esercito di bot che probabilmente molesteranno i loro post sui social network mentre saranno in Israele con hashtag del tipo ‘fine dell’occupazione’ e ‘Palestina libera’. Non devono preoccuparsi, quelle non sono nemmeno persone reali, ma account falsi usati da alcuni propagandisti per intimidirle. È una tattica a buon mercato per cercare di metterle a tacere. Continuate semplicemente a fare quello che state facendo. Restate fiduciosamente belle”.
Notate bene: “quelle non sono nemmeno persone reali, ma account falsi usati da alcuni propagandisti per intimidirle”.
Sarah Idan sta dicendo che dietro a questa campagna dell’odio ci sono degli account falsi, che fanno propaganda contro Israele. Una sorta di piccola industria social alla mercè di chi vuole boicottare lo Stato ebraico.
Tanto per confermare che la “resistenza” palestinese ha molti mezzi, anche tecnologici, per combattere la sua battaglia, che in realtà dovrebbe avere come obiettivo le leadership palestinese, le quali si arricchiscono alle spalle del loro popolo.