Partiamo dal titolo dell’incontro in programma a Milano il prossimo 15 febbraio inizialmente promosso dai Giovani Democratici: “Colonialismo & Apartheid in Palestina. Una lunga storia di occupazione illegale e Resistenza”.
Un titolo zeppo di errori storici, geografici e culturali.
La Palestina è un’area geografica e la storia del mondo non ha mai visto alcun stato di Palestina. Per rinfrescare la memoria, il termine “palestinese” fino al 1948 si riferiva agli ebrei che abitavano la zona, chiamata per l’appunto Palestina.
Colonialismo e Apartheid sono due termini che nulla hanno a che fare con Israele o con gli arabo-palestinesi.
O meglio, a Gaza per esempio, gli unici ebrei sono quelli rapiti il 7 ottobre. Nella Striscia, quindi, non vi è alcun ebreo libero. Il motivo non va ricercato in inutili elucubrazioni mentali: gli ebrei non sono graditi e non posso vivere nella Striscia di Gaza a meno che non vogliano rischiare di perdere la propria vita. In Israele, invece, ci sono migliaia di palestinesi che lavorano.
Va da sé che l’occupazione illegale sia un’astrattezza cui si vuole dare tangibilità esclusivamente per nascondere il proprio antisemitismo. Va ancora da sé che la Resistenza è una parola vuota in questo caso, perché la Palestina non è mai stato uno stato, non è mai stato occupato e, quindi, questa Resistenza è solo terrorismo.
Ci scusiamo per la lunga premessa, ma solo così si può capire la faziosità dell’evento di Milano, che in un primo momento avrebbe dovuto svolgersi al Circolo Pd Aniasi, salvo il ripensamento viste le polemiche dentro e fuori il Partito.
La sede è da stabilire, la faziosità no, visto i personaggi che dovrebbero essere presenti: Francesca Albanese, Ibrahim Youssef, Moni Ovadia e Daniele Garofalo.
Era prevista anche Alae Al Said, autrice del romanzo “Sabun”, che il 7 ottobre 2023 aveva pubblicato un post choc:
“Una mattina d’autunno ti svegli e scopri che la Storia si è alzata prima di te, si è messa in giacca e cravatta, ha impugnato una penna e ha deciso: “Oggi scrivo il capitolo più bello di tutti: quello della rinascita palestinese, di Gaza che rompe le mura della prigione, dell’oppresso che si ribella e dell’oppressore che scopre cos’è la paura”.
Una mattina d’inverno, noi della redazione di Progetto Dreyfus ci siamo svegliati e abbiamo constatato che l’antisemitismo è vivo e vegeto, attecchisce nei pregiudizi, a volte anche inconsci, di molti italiani che sposano la mendace narrativa arabo-palestinese.
Perché essere antisemiti non va più di moda, gli ebrei, il loro attaccamento ai soldi e la loro presunta capacità di dominare il mondo sono più roba da cospirazionisti anziché da chi si vuole presentare come custode e promotore della pace e dei diritti civili.
E allora non potendo sviscerare apertamente il proprio antisemitismo, si celano dietro l’attacco a Israele, paese libero e civile, che ha la grande “colpa” di rappresentare il popolo ebraico.
Perché badate bene, se al posto di Israele ci fosse stato qualunque altro stato al mondo, la sorte del popolo arabo-palestinese avrebbero interessato davvero poche persone.