Nella vasta galassia del mondo musulmano, in gran parte scosso dal fondamentalismo, c’è un Paese che brilla per la sua moderazione e il rispetto delle minoranze che vi abitano. Negli anni ’30 del secolo scorso fu tra i primi ad eliminare il sistema legale imposto dalle potenze coloniali che stabiliva differenze razziali tra i vari gruppi etnici ivi residenti, e in seguito salvò i suoi ebrei dalle grinfie naziste. Commemora tuttora il Giorno della Memoria, organizza preghiere ecumeniche per il ritorno della pioggia ed è l’unico Stato in tutto il Medio Oriente, al di fuori di Israele, ad ospitare un museo ebraico.
Si tratta del Marocco, in cui un ebreo è attualmente consigliere del re Muhammad VI, nipote di Muhammad V che nel 1940 si rifiutò di adottare le leggi razziali, già applicate in Algeria e di far deportare i suoi cittadini.
All’epoca, insieme al resto del Maghreb, il Marocco faceva “parte della Francia non occupata”, ovvero era una colonia sotto il diretto controllo del governo collaborazionista e filonazista di Vichy. Muhammad V, era un sultano senza un reale potere (in seguito al trattato di Fez del 1912 gran parte della regione era diventata un protettorato francese), ma quando gli emissari di Pétain gli chiesero la lista dei nominativi da deportare egli rispose che non esistevano sudditi ebrei, bensì soltanto sudditi marocchini. Non solo: quando gli occupanti francesi vollero imporre la stella gialla, il monarca chiese di ordinarne dieci in più, perché l’avrebbe indossata anche lui e tutta la sua famiglia. L’anno successivo invitò, inoltre, tutti i leader ebrei del regno alle celebrazioni della sua salita al trono e, in aperta sfida a quanto stava avvenendo in Europa, protesse non solo le oltre 250.000 vite, ma anche le loro proprietà.
Anche la popolazione reagì in difesa dei propri vicini e colleghi: nonostante tutto, il governo di Vichy era riuscito comunque ad impedire agli ebrei di svolgere le libere professioni e di studiare nelle scuole francesi, ma i cittadini musulmani e cristiani intervennero in loro aiuto come prestanome e datori di lavoro.
Successivamente, nel periodo della nascita dello Stato di Israele, lo stesso re Muhammad V bloccò sul nascere la retorica antisemita, ricordando a tutti che gli ebrei erano sempre stati protetti in Marocco.
Questi lodevoli comportamenti vengono ricordati e presi ad esempio tuttora sia dai governanti, ormai indipendenti, sia dalla popolazione.
Nel 2011 un ventiquattrenne laureando in scienze politiche, Elmehdi Boudra, ha organizzato, insieme ad un’associazione, di cui è presidente, che promuove la conoscenza della storia e della cultura ebraica e il dialogo interreligioso, un seminario commemorativo della Shoah.
L’evento, in cui sono intervenuti numerosi importanti storici, ha visto la partecipazione di studenti musulmani, ebrei e cristiani di 20-21 anni (provenienti anche da college americani), che per la prima volta si sono riuniti in una università araba di un paese arabo per commemorare, anziché per negare o per strumentalizzare in funzione anti israeliana.
Oltre all’ormai consueto 27 gennaio che ricorda l’apertura dei cancelli di Auschwitz, si è svolto, tra il 25 e 28 dello stesso mese a Marrakesh, che per l’occasione è diventata la capitale della tolleranza religiosa, una convegno dal titolo: “I diritti delle minoranze religiose in terra d’Islam: il quadro giuridico e il richiamo all’azione”. In apertura della 4 giorni, il re ha di nuovo invitato tutti al rispetto delle minoranze religiose, senza distinzione tra le varie confessioni cristiane, gli ebrei e i musulmani.
Infine, il 26 febbraio, in occasione dell’anniversario della sua scomparsa, verranno ricordati Muhammad V (che era figlio del Sultano Yusuf e membro della dinastia alawita) e le sue eroiche gesta con speciali cerimonie.