Mahmoud Abbas e Saeb Erekat: l’ambiguità della diplomazia palestinese

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Mario Del MonteEditor
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Israele

Mahmoud Abbas e Saeb Erekat: l’ambiguità della diplomazia palestinese

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Il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato di essere pronto a ricominciare i negoziati di pace con Israele senza precondizioni, una presa di posizione molto diversa dall’ultima uscita dello scorso mese quando escludeva qualsiasi possibilità per la soluzione a due Stati con Netanyahu al potere.

In un’intervista con il giornale pan-arabo al-Arab, Abbas ha espresso il suo supporto per la soluzione a due Stati e per la pace con gli israeliani: “Io dico al popolo israeliano: le nostre mani sono tese verso la coesistenza in due Stati. Spero voi non vogliate allontanarle, l’alternativa sarebbe devastante per tutti.” Inoltre Abbas ha aggiunto di non avere problemi a relazionarsi di nuovo con Netanyahu in quanto rappresentante del popolo israeliano.

Gli ultimi negoziati, mediati dagli Stati Uniti, si sono arenati circa un anno fa, dopo nove mesi di sforzi diplomatici, in seguito alla decisione di Abbas di formare un governo di unità nazionale con il gruppo terrorista Hamas, tutt’ora al potere nella Striscia di Gaza, e per alcune dispute riguardo al rilascio dei prigionieri e agli insediamenti.

Il Presidente dell’ANP ha tenuto a specificare che quella palestinese è una legittima forma di resistenza contro l’occupazione israeliana e che sebbene i palestinesi abbiano riconosciuto Israele come Stato sovrano non lo riconoscerebbero mai come Stato ebraico, un punto chiave invece per molti cittadini israeliani. Abbas ha aggiunto che non è in nessun modo ostile agli ebrei e che ogni volta che ha incontrato delegazioni ebraiche in Israele o all’estero lo ha specificato.

Secondo Abbas il problema dell’estremismo islamico che sta attraversando tutto il Medio Oriente potrebbe presto colpire anche Israele se non verrà trovata una soluzione alla questione palestinese specificando che la migliore proposta è quella della Lega Araba che vedrebbe Israele ritirarsi ai confini pre ’67 in cambio di rapporti “normalizzati” con gli altri Stati arabi. Per questo ANP necessita della partecipazione della Giordania e dell’Egitto ai futuri negoziati. Abbas ha anche parlato di Hamas, dicendo che l’organizzazione terroristica ha stabilito contatti indiretti con Israele in quanto favorevole alla proposta diplomatica dello Stato ebraico di stabilire uno Stato palestinese a Gaza e nel Sinai egiziano.

Dichiarazioni distensive che però stridono con quelle di Saeb Erekat, capo negoziatore palestinese, che ha paragonato Netanyahu al leader dello Stato Islamico Abu Bakr al-Baghdadi. In un’intervista ad una tv palestinese Erekat ha chiesto: “Qual è la differenza fra Benjamin Netanyahu e al-Baghdadi? Uno rivendica di essere il leader di uno Stato islamico, l’altro rivendica di essere il leader di uno Stato ebraico.” Durante l’intervista Erekat ha accusato Netanyahu di essere responsabile dell’omicidio del giovane Muhammed Abu Khdeir, avvenuto a Luglio 2014 per mano di estremisti ebrei. “Qual è la differenza tra un terrorista che decapita un giornalista in Siria e un criminale che brucia vivo un ragazzino di sedici anni? L’estremismo è cieco e non appartiene a una sola religione.”

All’epoca Netanyahu condannò duramente l’omicidio di Abu Khdeir chiamandolo “un atto orrendo” e promettendo giustizia in quanto “gli assassini non hanno nessun posto nella società israeliana”. Secondo il Primo Ministro israeliano però la differenza tra Israele e i suoi vicini sta nel perseguimento della giustizia: mentre da alcune parti gli assassini vengono accolti come eroi a cui tributare piazze e parchi pubblici, in Israele vengono processati e imprigionati. Tre persone vennero infatti condannate per l’uccisione, avvenuta secondo i giudici per vendicare quella dei tre ragazzi rapiti in West Bank il 12 Giugno.

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