Come ci insegna un noto detto anche gli orologi rotti segnano l’ora giusta due volte al giorno.
L’Onu che, a causa di una maggioranza precostituita formata dai Paesi arabi, da varie dittature e dai loro alleati, condanna Israele per ogni nonnulla, ma tace su efferati massacri, non rappresenta un’eccezione al suddetto proverbio. Ogni tanto, infatti, anche questa organizzazione internazionale che avrebbe dovuto limitare i conflitti, anziché alimentarli, riesce a combinare qualcosa di buono.
Si tratta di una decisione presa circa dieci giorni fa, più precisamente il 18 dicembre quando, a distanza di settant’anni dalla sua costituzione, l’Onu ha inserito il digiuno del Kippur nell’elenco delle Festività ufficialmente riconosciute. Ciò significa che gli impiegati potranno scegliere di non lavorare in quel giorno, senza dover chiedere le ferie e soprattutto che non verranno indette riunioni ufficiali.
Il primo passo fu compiuto nel 2014, quando il Digiuno di Espiazione venne proposto all’Assemblea generale insieme ad altre sei Festività di cui cinque religiose e una nazionale americana: il Natale e il Venerdì Santo degli Ortodossi; il Vesak che ricorda 3 momenti fondamentali della vita del Buddha; il Diwali la Festa delle luci celebrata in tutta l’India, sia da induisti che da buddisti; il Gurpurab giorno sacro per i Sikh e il “President’s Day” che ricorda la nascita di George Washington. Promotrici dell’iniziativa, che andava ad aggiungere queste ricorrenze alle dieci già riconosciute, ovvero il Natale e il Venerdì Santo cattolici ed evangelici, le due Festività musulmane l’Id al Fitr, ovvero la fine del Ramadan e l’Id-al-Adha, la Festa del Sacrificio, il Giorno del Ringraziamento e altre cinque ricorrenze federali americane, furono 32 Paesi, tra cui Albania, Andorra, Argentina, Canada, Etiopia, Guatemala, Ruanda e Uruguay.
Nel settembre scorso, l’ambasciatore israeliano Ron Prosor organizzò per la prima volta un Tashlich (la cerimonia che generalmente si tiene nel secondo giorno del Capodanno, in cui si gettano simbolicamente i peccati commessi nei dodici mesi precedenti in una fonte d’acqua naturale per cominciare l’anno in uno stato di purità) che si tenne pubblicamente alla presenza di alcune importanti delegazioni, quali gli USA, l’Australia, il Canada, la Francia, la Tanzania, la Repubblica Centraficana, la Sierra Leone e con la partecipazione, naturalmente, del Segretario Generale Ban Ki-moon.
Per il riconoscimento definitivo comunque, sono stati necessari enormi sforzi diplomatici condotti dalla delegazione israeliana per oltre un anno e non sarebbe stato possibile ottenerlo senza la cooperazione con gli Stati Uniti che ha impedito la sopraffazione della consueta maggioranza anti-israeliana precostituita.
E’ una notizia che alla maggior parte degli italiani sicuramente non interessa. ma è importante sia per gli ebrei nel mondo, sia per chi ha a cuore la convivenza pacifica basata sul reciproco rispetto. Come notò l’Ambasciatore Prosor all’inizio della difficile impresa, infatti, solo due delle tre religioni monoteistiche erano riconosciute. Una profonda ingiustizia, quindi, nei confronti dell’Ebraismo e delle altre religioni politeiste.
Anche le implicazioni diplomatiche potrebbero rivelarsi molto importanti, se pensiamo per esempio che molte delle riunioni che approvarono l’impostazione antisemita e filonazista della Conferenza di Durban del 2001 sul razzismo furono discusse appositamente durante i sabati e nelle Festività ebraiche, così come l’Assemblea Generale che si apre di solito a settembre cade sempre almeno in una delle ricorrenze autunnali del lunario, con la conseguenza dell’assenza della delegazione israeliana agli incontri e ai dibattiti ufficiali, nonostante lo Stato di Gerusalemme sia membro effettivo fin dal 1949.
Nella foto in alto: folla di fedeli radunata davanti al Muro Occidentale alla vigilia del Kippur (foto del 2013)