L’occasione fa l’uomo ladro, e quale occasione migliore hanno i palestinesi se non le Olimpiadi, per delegittimare Israele tramite lo sport? Una manifestazione internazionale in mondovisione, un piatto troppo ghiotto per lasciarselo scappare.
Ed è così che per qualche strana ragione, ad un tratto i maggiori quotidiani nazionali e anche i giornali minori si interessano ad Israele e allo sport, dopo centinaia di volte in cui le penne sono rimaste ferme, senza denunciare i boicottaggi che gli atleti israeliani hanno subito e subiscono praticamente ad ogni incontro internazionale. Non una parola sul fatto che i palestinesi e tutta la galassia islamica si rifiutano regolarmente di gareggiare con i colleghi con la Stella di David, facendo del razzismo e della discriminazione la propria bandiera. Eppure, sono scattati tutti in piedi quando in questi giorni è uscita la notizia, peraltro non verificata in alcun modo e diffusa dalla delegazione palestinese stessa, che Israele avrebbe bloccato le divise della delegazione olimpica palestinese.
Quindi persone come Marco Bernardini di Calciomercato.com si avventurano in argomenti a loro completamente alieni, palando di atleti dello “Stato democratico di Palestina” e gridando vendetta contro Israele. Senza soffermarcisi troppo, si ricorda che Hamas e Autorità Nazionale Palestinese non indicono elezioni democratiche dal lontano 2005. Ma questa è un’altra questione.
Anche quotidiani nazionali come Corriere della Sera, La Stampa e la Repubblica riportano la stessa notizia diffusa dai palestinesi, senza nessuna ricerca giornalistica, che si poteva facilmente rintracciare in articoli esteri come quello del Washington Post che pone quantomeno dei dubbi sulla questione, spiegando che l’Agenzia delle Entrate di Israele – l’ente che supervisiona le dogane – non sa assolutamente nulla di quanto si vocifera e che sarebbe ben disposta ad aiutare la delegazione palestinese se solo si fosse palesata per denunciare l’accaduto, ma così non è stato.
Certo, le Olimpiadi vengono accostate ancora oggi ai palestinesi per l’attentato a Monaco nel ’72, dove torturarono e uccisero l’intera delegazione israeliana, ma non saranno delle divise forse bloccate a far dimenticare quella vergognosa pagina del terrorismo in Europa.
Si passi oltre e si arrivi all’articolo del Corsera firmato Maria Strada dove si racconta che la squadra di calcio di Gaza è stata fermata da Israele e non ha potuto raggiungere la Cisgiordania per una partita. La distrazione della giornalista però le ha impedito di svolgere al meglio il suo lavoro, tanto da omettere che sei calciatori di quella squadra sono legati a organizzazioni terroristiche e che per questo motivo – e non per sadismo – sono stati fermati dalle autorità di Gerusalemme. Anche questa verifica la si trova banalmente aprendo siti di informazione internazionali di prim’ordine. La partita “è stata rinviata di 48 ore”, si legge, oppure potrebbe essere annullata.
Una tragedia per un paese che si trova a fronteggiare la minaccia terroristica ogni giorno! (Sarcasmo). La Strada, come la testata per cui scrive, non si è mai lanciata però nella folle impresa di raccontare quanti match sono stati annullati a causa della discriminazione degli atleti dei paesi arabi e islamici di tutto il mondo contro i colleghi israeliani. Poi l’articolo, basato esclusivamente sui racconti del presidente della Federcalcio palestinese Jibril Rajoub, procede fino a descrivere come “disumane” le condizioni in cui sarebbero stati detenuti i giocatori; non una fonte israeliana, non una verifica, non una spiegazione su quanto affermato da Rajoub. Oggi in ogni caso la partita si disputerà regolarmente.
Criticare Israele se necessario è lodevole, difendere i diritti dei palestinesi anche, come quelli di tutti i popoli. Ma ciò andrebbe fatto dopo una seria ed attenta ricerca giornalistica che porti le prove concrete di quanto si stia raccontando, o che ponga quantomeno dei dubbi. Sulla storia delle divise ci sono ancora molte ombre, sia in un senso che nell’altro, i giornalisti italiani invece sembrano non avere nessun dubbio su quanto accaduto, e riportano una versione come fosse verità assoluta.