Tel Aviv, 25 Dicembre 2015
Gabriele Ribis, baritono, direttore artistico presso il Piccolo Festival Friuli Venezia Giulia è in Israele per la presentazione dell’evento lirico ‘Madama Butterfly’ di Puccini in scena il 28 dicembre all’Ashdod Center for the Performing Arts il 31 dicembre e 2 Gennaio 2016 al Jerusalem Theatre.
La prima domanda è scontata, chi è Gabriele Ribis?
Gabriele Ribis è un personaggio che dedica i suoi sforzi al teatro musicale e lo fa sia come interprete che come organizzatore, cosa che in questi anni mi ha portato in molte nazioni. Israele poi è un amore che coltivo da quattro anni, un amore dal quale fino ad ora sono sempre stato ricambiato.
Un amore che di base ha sempre avuto la stessa compagnia oppure sono state diverse le compagnie che in quest’arco di tempo si sono esibite?
Le compagnie sono state diverse, anche perché ho un ruolo di consulente artistico con il preciso fine di portare in Israele quanta più opera lirica possibile puntando non solo alla quantità ma anche, e soprattutto, alla qualità. Questo lo si capisce anche dal fatto che la Jerusalem Opera ha allargato il suo raggio di azione portando la lirica anche nella città di Ashdod. Questo si ripete dopo il successo ottenuto con Le nozze di Figaro che andò in scena lo scorso anno. Se questa bellissima realtà non solo è stata possibile, ma si sta anche allargando, gran parte del merito è del maestro Omer Arieli che è anche il maggior responsabile del mio ‘innamoramento’ nei confronti di Israele. La Jerusalem Opera è israeliana ma ha un pezzetto di anima italiana e non solo per ‘colpa’ mia ma soprattutto del maestro Arieli che è nato in Italia ma vive in Israele da diversi anni.
Gabriele Ribis, se non ho capito male, è un’artista controcorrente…
Questo decisamente, non mi piace seguire le vie facili e dedico tutti i miei sforzi per creare un nuovo pubblico e una nuova passione intorno all’opera. Sono convinto che ci sia un parallelo fra la lirica e Israele perché ambedue soffrono di pregiudizio. La scoperta del mondo meraviglioso che si nasconde dietro all’opera lirica avviene sempre dopo i primi ascolti, questo primo passo spesso stenta ad arrivare ma una volta avviato crea passione verso questa che è un’arte nell’arte. Israele, se me lo concedi, soffre di molto pregiudizio proprio perché in molti giudicano la situazione senza aver mai scoperto che tipo di nazione sia Israele e cosa c’è di grande dietro questa nazione che di piccolo ha solo l’estensione territoriale. Nella mia professione vado controcorrente anche perché non cerco solo l’opera di grande successo ma provo a creare passione verso la lirica che è una creazione assolutamente italiana.
Controcorrente anche per altri motivi visto che in questi anni il boicottaggio nei confronti dello Stato Ebraico ha pesantemente toccato anche il mondo scientifico e culturale, soprattutto nel mondo della musica, con artisti che si sono rifiutati di esibirsi in Israele. Come ti vedi in tutto questo?
La presenza dell’anima israeliana ed ebraica nella musica e nella sua storia è sotto gli occhi di tutti, i più grandi interpreti e compositori, solisti e direttori d’orchestra sono figli della cultura ebraica, la musica deve tantissimo alla cultura ebraica, questo è fuori da ogni dubbio. Per quello che mi riguarda io ho avuto la fortuna di venire più volte in Israele e di respirare l’aria impregnata di questo spirito creativo. In ogni famiglia israeliana è possibile vedere quanto attaccamento ci sia alla musica, non importa il genere. In ogni casa si possono trovare dischi o registrazioni di ogni tipo, le televisioni e le radio sono sintonizzate su canali dove si trasmettono concerti o musica. In qualche modo mi sento un privilegiato perché ho toccato con mano tutto questo in virtù del quale mi rimane sempre più difficile capire come si possa oggi in Europa, e non solo, avere ancora delle riserve e pregiudizi, a volte anche pesanti, verso artisti di massimo livello che arrivano da questa realtà culturale e nazionale perché Israele è effettivamente una nazione ai massimi livelli in questi campi e questo l’ho potuto constatare di prima mano.
Sinceramente, perché è giusto che il pubblico lo sappia, quante difficoltà hai incontrato da quando frequenti le compagnie operistiche israeliane?
Le prime cose che sento sono le frasi classiche come ‘non hai paura con tutto quello che accade…’ questa è una delle prime reazioni, una sorta di paura per il rischio personale anche se io in Israele non mi sono mai sentito in pericolo. Se qualche volta mi sono sentito in pericolo è stato in Europa e non certo in Israele. Certo la sensazione di insicurezza c’è, ma ormai è globale non si può sinceramente dire che in altri posti si possa stare molto più tranquilli perché ciò che Israele ha sofferto per tanti anni ormai è diventata cosa comune in tutto il mondo.
Ti chiedo ora un particolare che reputo importante, quali e quante difficoltà hai incontrato nella tua carriera da quando frequenti i teatri israeliani?
Ho avuto la sensazione che qualche atteggiamento sia cambiato, e qualcuno mi ha anche detto “ma che fai lavori con loro?”, in ogni modo le reazioni non sono mai dirette e qualcuno è stato molto abile a non dire quello che pensava. È un’arte tutta italiana quella del non rispondere, arte molto ben diffusa, e non posso certamente negare di aver avvertito in questi casi un atteggiamento intriso di negatività.
Hai perso delle occasioni di lavoro negli ultimi quattro anni?
Mi riallaccio alla risposta di prima, direttamente non posso dirlo anche se certi contatti che avevo si sono certamente raffreddati. Ci sono state comunque delle situazioni dove ho ricevuto solidarietà anche perché da quando conosco Israele ho cambiato il mio atteggiamento e cerco di far capire a chi si confronta con me quale è la situazione reale. Questo perché a causa di idee sbagliate che si sono create per mancanza di informazione c’è anche tanta ignoranza. E poi non giriamoci intorno, in Italia se fai parte di un certo pensiero politico devi necessariamente schierarti in un certo modo anche sulla questione mediorientale e questo lo trovo fortemente sbagliato.
Quali sono le tue sensazioni rispetto al pubblico israeliano paragonandolo a quello di altre nazioni, quali affinità o diversità ci sono? È un pubblico più esigente? Meno esigente?
Quello israeliano è un pubblico molto esigente, molto preparato che rispecchia il carattere israeliano che in alcuni tratti è anche decisamente ruvido e sa quello che vuole e lo aspetta. È un pubblico che va conquistato, difficile da accontentare anche perché estremamente preparato. La Israeli Opera è molto importante con un’ampia programmazione e con artisti di altissimo livello per cui il pubblico israeliano è formato da persone abituate bene. Nel mondo mediorientale, per quello che riguarda l’Opera, Israele è una sorta di oasi in mezzo al deserto proprio perché non c’è nel mondo arabo, tranne alcune rare eccezioni, interesse verso questo tipo di teatro e di questo tipo di rappresentazioni.
Parliamo ora della Madama Butterfly, l’opera in cartellone in questi giorni ad Ashdod il 28 dicembre e a Gerusalemme il 31 dicembre e il 2 gennaio, La storia ci racconta che quest’opera ebbe la sua prima assoluta alla Scala di Milano il 17 febbraio del 1904, e fu un fiasco clamoroso.
Un fiasco? Una catastrofe direi. Puccini dovette riprendere gli spartiti per snellirla in alcuni sui tratti e, soprattutto, per dividerla in tre atti. La sua partitura originale ne prevedeva due. Capire oggi, a distanza di tanto tempo, i motivi di questa debacle eclatante e soprattutto alla Scala è impossibile. Probabilmente da una parte c’era una situazione generale sfavorevole, dall’altra però qualcosa doveva essere profondamente rivista. Succede spesso che dei grandi titoli abbiano avuto una Prima travagliata per poi con il tempo diventare dei capolavori. Un altro esempio è ‘Il barbiere di Siviglia’ che alla sua Prima assoluta al Teatro Argentina di Roma ebbe una debacle clamorosa per poi arrivare al successo internazionale. Questo però fu dovuto a un altro compositore che aveva musicato lo stesso titolo. Per la ‘Madama Butterfly’ c’era forse una genesi dell’opera ancora non compiuta. La storia era tratta da alcuni romanzi scritti a metà del 1800 e Puccini aveva visto a Londra una sorta di Musical tratto da questi romanzi. Ne rimase così affascinato che ne volle fare un’opera.
Quali sono le differenze sostanziali tra la prima partitura e quella poi rivista e corretta dopo il ‘fiasco’ di Milano?
Secondo me il punto che Puccini ha cambiato è stato quello di renderla meno statica inserendo altri personaggi minori che danno un minimo di fluidità e movimento. L’Opera, che si basa sui sentimenti e sui contatti tra i personaggi, doveva richiamare lo spirito giapponese della storia e proprio per questo, sentimenti e contatti statici e lenti tipici del Giappone potrebbero allora essere stati alla radice di perplessità, poi enfatizzate per altri motivi, che portarono all’esito negativo di cui parlavamo. Ma già dalla prima replica di Brescia, appena tre mesi dopo, la Madama Butterfly fu accolta trionfalmente e da allora viene rappresentata in tutto il mondo. I più grandi artisti del presente e del passato si cimentano e si sono cimentati con questa partitura considerata ormai fra le più importanti di tutto il panorama lirico internazionale.
per chi è in Israele i biglietti possono essere acquistati digitando il numero *6226 oppure sul sito www.bimot.co.il