Le repubbliche democratiche che sono rinate dalle ceneri della seconda guerra mondiale per quanto imperfette e sempre migliorabili sono riuscite a garantire, almeno a occidente della cortina di ferro, libertà importanti che in altre latitudini potevano essere considerate solo semplici utopie. Libertà ancora imperfette e sempre migliorabili, comunque le migliori mai realizzate.
Proprio la possibilità di esprimere liberamente il pensiero in ogni sua forma, artistica o intellettuale, a mezzo stampa, teatrale, cinematografica, pittorica o in ogni modo lo si volesse fare è stato per tutti questi anni il fiore all’occhiello della società occidentale, il vanto di chi alla fine delle grandi dittature europee si è sentito libero e ha coltivato e difeso questa libertà in ogni modo e ogni volta sia stata necessaria una sua difesa. Ecco perché sull’attentato alla redazione del settimanale Charlie Hebdo si è scritto tanto e molto ancora verrà scritto, perché i fucili d’assalto AK47 che hanno fatto sentire la loro voce mortale nelle strade di Parigi oltre al giornalismo, quello vero e serio, hanno colpito al cuore il principio stesso della libertà di stampa e di espressione che sono alla base del nostro modo di vivere. Stephan Charbonnier detto Charb, Jean Cabut detto Cabu, Bernard Verlmac detto Tignous e Georges Wolinski erano quattro disegnatori satirici, i più famosi della lista dei caduti, disegnatori satirici che i colpi di Kalashnikov hanno trasformato in icone intoccabili con tanto di areola laica. Da vivi erano, per loro stessa ammissione, stupidi e cattivi, da morti saranno per sempre la nera coscienza di chi vorrebbe azzittire con la violenza la voce del dissenso.
Chi ha premuto il grilletto ha fatto però male i suoi calcoli perché se il fine era la punizione della colpa per aver ridicolizzato il potente di turno o la messa in silenzio della critica dissacrante ognuno di questi obbiettivi è stato mancato. Se prima delle 11.30 del 7 gennaio 2015 solo nella redazione di Charlie Hebdo c’erano dei ‘visionari’ che avevano il coraggio di arrivare al limite dell’insulto pur di strappare una risata ai danni di chi voleva mettere la museruola alle libertà imperfette garantite dalle democrazie imperfette, da quel momento in poi, con la morte di Charb, Cabu, Tignous e Wolinski, ogni vignettista che ha a cuore la sua missione si sentirà libero di disegnare, dissacrare e mettere alla berlina chiunque si creda intoccabile, e lo farà senza più sentire i legacci dettati dal ‘buon senso’, dalla ‘misura’ o dal ‘politicamente corretto’.
Il terrorismo islamista imparerà a sue spese che non ci sono abbastanza fucili mitragliatori per combattere contro tutte le matite, le penne e i pennarelli che passando dalle pagine dei giornali arrivano ogni giorno alla mente e al cuore di chi vive la sua libertà libera e non ha alcuna intenzione di farsi schiacciare da un oscurantismo d’importazione figlio di una cultura che non ci appartiene. Alla propaganda si risponde con la propaganda, alla diffamazione con le cause in tribunale e alle notizie false con lo sputtanamento pubblico che fra tutte le vendette è sicuramente la più dolce, ma mai qualcuno può sentirsi autorizzato a rispondere con la violenza e con le armi, non possiamo permetterlo, la società civile non può permetterlo.