La rabbia del mondo arabo nei confronti degli Stati del Golfo: “fate qualcosa per i siriani”

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Mario Del MonteEditor
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La rabbia del mondo arabo nei confronti degli Stati del Golfo: “fate qualcosa per i siriani”

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Mentre i governi europei si interrogano per trovare una soluzione al problema dei rifugiati in fuga dal conflitto siriano, parte dell’opinione pubblica musulmana comincia ad essere irritata dal fatto che i ricchi Stati del Golfo, i maggiori esportatori mondiali di petrolio, stiano mostrando una certa riluttanza nell’aprire i loro confini a chi è in cerca di asilo.

Il sito web Quartz riporta che in queste ore alcuni utenti del social media Twitter stanno postando commenti critici in arabo nei confronti dei propri Stati. “Accogliere i rifugiati è una richiesta del popolo” è la frase più utilizzata, soprattutto dagli attivisti in Arabia Saudita.

L’attivista Iyad El-Baghdadi, intervistato da Quartz, ha dichiarato che molti sauditi sono arrabbiati per l’inattività e l’insensibilità mostrata dai governi del Golfo Persico. Inoltre lamentano il fatto che alcuni di questi paesi abbiano investito risorse nel supportare le fazioni in guerra, alimentando così il conflitto stesso e la conseguente crisi umanitaria.

“Questi paesi mancano di qualsiasi via istituzionale per permettere alle persone di far arrivare le loro richieste ai piani alti. Non è come in Occidente, non si ha la possibilità di richiedere l’intervento di un parlamentare. Non possono nemmeno scendere in piazza a protestare o iniziare una raccolta fondi per via delle norme di sicurezza: gli hashtag sono più o meno la loro unica arma.”

A scatenare l’ondata di risentimento è stata l’ormai tristemente famosa immagine di Aylan Kurdi, il bambino siriano annegato nel Mediterraneo mentre cercava di raggiungere l’Europa con la sua famiglia e ritrovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Le critiche non sono limitate agli Stati del Golfo ma anche a tutte le organizzazioni internazionali di cui fanno parte la maggior parte degli Stati arabi come la Lega Araba e il Consiglio per la Cooperazione nel Golfo Persico.

Ken Roth, Direttore Esecutivo di Human Rights Watch, ha postato sul suo profilo Twitter una foto raffigurante un gruppo di rifugiati siriani su un gommone nel Mediterraneo chiedendo ai suoi follower “Indovinate quanti di questi rifugiati saranno ospitati dall’Arabia Saudita e dagli altri Stati del Golfo?” Sarah Leah Whitson, Direttrice della stessa ONG per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha rincarato la dose sulle pagine del New York Times:” La ripartizione degli oneri non ha nessun significato nel Golfo Persico. L’approccio saudita, degli Emirati e del Qatar è stato quello di firmare un assegno e lavarsene le mani mentre gli altri affrontano il problema. Quello che tutti stanno evidenziando è semplice:questo comportamento non è giusto.”

L’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite ha dichiarato che sono circa sei milioni gli sfollati della guerra civile siriana iniziata quattro anni fa. Un milione ha trovato rifugio in Libano, seicentomila in Giordania e quasi due milioni in Turchia. Il resto si è spostato nelle zone più a Nord dell’Iraq o è emigrato verso i paesi del Nord Africa, in particolare in Egitto. Amnesty International invece ha evidenziato come dal Dicembre 2014 Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Arabia Saudita abbiano offerto zero posti per il reinsediamento dei rifugiati siriani.

Gli Stati del Golfo hanno difeso la loro posizione sostenendo che i finanziamenti alle organizzazioni umanitarie hanno fatto la differenza per quanto concerne le condizioni di vita all’interno dei campi profughi. Il professore di Scienze Politiche degli Emirati Arabi Uniti Abdulkhaleq Abdulla ha dichiarato al New York Times che ” gli aiuti umanitari dei paesi del Golfo non vanno sminuiti. Senza di essi milioni di persone verserebbero in condizioni ancor più tragiche. Non solo non è vero che gli Stati del Golfo non stanno facendo nulla, puntare il dito nei loro confronti non è giusto.”

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