La Francia ha fatto male i conti e ora ne paga le conseguenze. Per anni si è dovuto assistere a quel laicismo ostentato, a quella maniacale idea di uguaglianza, a quell’ideale di libertà portato allo stremo, fino a trasformarla in un paese per nulla accogliente e altamente discriminatorio. Almeno per gli ebrei.
Secondo il Ministero dell’Integrazione israeliano, 6,961 ebrei francesi sono immigrati in Israele dal 2014, raddoppiando le cifre dell’anno precedente. Il motivo principale è legato al forte antisemitismo amentato esponenzialmente in Francia negli ultimi anni, per il quale lo Stato ha fatto poco o niente. Oltre allo storico antisemitismo di estrema destra, gli ebrei hanno dovuto far fronte al sempre più violento antisemitismo islamico; accanto ai piccoli episodi quotidiani, come minacce, insulti, percosse, aggressioni in strada, gli ebrei francesi hanno dovuto subire vere e proprie azioni terroristiche, come l’attentato alla scuola di Tolosa, il rapimento e l’uccisione di Ilan Halimi, il massacro dell’Hyper Cacher. Tutto questo senza che i governi alzassero un dito, senza che le autorità prendessero provvedimenti seri ed efficaci. Hanno preferito piuttosto sorvolare, a volte arrivando a negare la matrice antisemita degli attacchi, forse perché l’orgoglio non permetteva loro di ammettere che nella laicissima Francia l’integralismo islamico stava prendendo piede sempre più; forse per non confessare che quell’eguaglianza portata allo stremo è controproducente, perché in realtà il vero valore è quello della differenza; forse non si voleva vedere che la famigerata libertà era venuta a mancare per gli ebrei, mentre ne era stata concessa troppa alle frange estremiste dell’islam.
Fatto sta, che ora la Francia vorrebbe indietro quelle migliaia di ebrei emigrati, il 36% dei quali è laureato, di cui il 17% impegnato nel campo dell’ingegneria. Non si era calcolato che a tirar la corda si spezza e che ora quei giovani talenti, quei professionisti e quegli investitori hanno tolto qualcosa di prezioso alla società e all’economia francese. Lo rivela un articolo di Stacy Meichtry sul Wall Street Journal, che racconta la visita del Ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron in Israele. Secondo il giornalista statunitense, la visita di Macron in Israele aveva l’obiettivo di incoraggiare gli investitori e gli innovatori ebrei a tornare in Francia. Il Ministro ha incontrato i genitori di alcuni ragazzi liceali, poi ha corteggiato gli investitori promettendo sgravi fiscali e agevolazioni. “Molte di queste persone hanno energia, vitalità. Vogliono creare posti di lavoro, startup, e innovare qui”, ha dichiarato Macron al Wall Street Journal, “Possono farlo benissimo anche in Francia”.
Intervenuto poi al Technion di Haifa, il miglior istituto scientifico e tecnologico di Israele, il Ministro ha chiesto ad un gruppo di studenti francesi se tornerebbero in Francia. “Si, per le vacanze”, ha ironizzato un ragazzo, mentre più provocatorio è stato un altro studente che, rispondendo con un’altra domanda, gli ha chiesto se piuttosto la Francia abbia fatto abbastanza per combattere il crescente antisemitismo.
Molto schietto è stato anche Mickael Bensadoun, un imprenditore immigrato in Israele 15 anni fa: “In Francia era come se mi venisse chiesto di scegliere fra l’essere ebreo e l’essere francese”. Il fondatore della startup Pzartech, Jeremie Brabet-Adonajlo, ha invece dichiarato che essere ebreo in Francia è come far parte di una squadra di calcio nella quale nessuno vuole passarti la palla.
Chissà se questa esperienza non possa essere un incentivo per cambiare la rotta culturale e politica in Francia; un punto da cui ripartire per trasformare il paese nella Francia di Emile Zola e non in quella delle istituzioni che condannarono Alfred Dreyfus.