Sono cinquanta anni che l’ONU si è fatto sistematica cassa di risonanza per risoluzioni anti-israeliane, di cui, una delle “perle” fu la Risoluzione 3379 del 1975 poi abrogata, che equiparava il sionismo al razzismo. Il 16 marzo scorso, su questa falsariga, l’ESCWA, il Consiglio Socio Economico dell’Asia Occidentale rappresentato all’ONU, con sede a Beirut e composto da 18 stati arabi, ha presentato, per mano della sua rappresentante Rama Khalaf, un rapporto in cui Israele viene accusata di “apartheid”. Il rapporto è stato preparato da un relatore notoriamente imparziale, Richard Falk, un ex funzionario ONU con un sontuoso pedigree antisemita e il cui fervore talebano pro Hamas arrivò al punto che, in un telegramma del 16 febbraio 2010, l’Autorità Palestinese ne chiese l’espulsione dalle Nazioni Unite. Questa volta, in virtù della forte e risoluta condanna USA, il nuovo segretario ONU, Antonio Guterres ha respinto il rapporto in oggetto. C’è da augurarsi che l’amministrazione Trump faccia da bastione anche in futuro.
Il “rapporto Falk” si incastona a meraviglia nella lunga e consolidata tradizione del Palazzo di Vetro. Torna alla mente un dibattito del Consiglio di Sicurezza tenutosi il 26 gennaio 2016, dedicato alla “Situazione nel Medio Oriente, inclusa la questione palestinese”. Durante il dibattito, Israele venne accusata di “crimini contro l’umanità“, “esecuzione e torture di bambini”, “apartheid”, “razzismo”, “brutalità”, “crimini di guerra”, “omicidi”e “giudeizzazione”.
Il dispositivo linguistico antisemita con cui Israele venne accusato discende da quello offerto dalla pubblicistica antigiudaica cristiana del Medioevo e dalla propaganda nazista a evidenziare, se ce ne fosse ancora bisogno, come l’odio nei confronti degli israeliani sia odio nei confronti degli ebrei. Non tutti gli ebrei lo hanno capito. Molti di loro, tra cui in Italia spiccano Gad Lerner e Moni Ovadia, il primo con la testa ancora, dopo tanti anni, infilata nelle rotative del Manifesto, l’altro una parodia dell’ebreo del galut con il cuore spezzato dalle ingiustizie di questo mondo, soprattutto quelle nei confronti dei poveri palestinesi. Bene. Loro e altri non hanno ancora capito una cosa essenziale, che Israele è solo un pretesto. Non vogliono capirlo e non lo capiranno.
Quale è la differenza nell’accusare gli ebrei di uccidere i bambini cristiani per usare il loro sangue come accadeva con i libelli del sangue medioevali, rispetto a quella che vede accusare gli israeliani di torturare e uccidere i bambini palestinesi? E quale è la differenza nel rappresentare gli ebrei come parassiti, vampiri, sfruttatori e depravati, esseri immondi, come nella pubblicistica di Der Sturmer, rispetto a quello che si dice attualmente all’ONU in cui vengono accusati di praticare il razzismo, il segregazionismo (Richard Falk) e di crimini contro l’umanità?
Ma non è forse il crimine contro l’umanità degli ebrei semplicemente quello di esistere in quanto tali? Non è forse il crimine contro l’umanità di Israele di esistere come Stato ebraico? Non è forse questo, e soprattutto questo, il crimine?
Non dobbiamo nascondercelo. Soffia un’aria pestilenziale, gli untori sono all’opera e sono dappertutto. Soprattutto sono dentro grandi istituzioni. Sono nella UE, sono all’ONU, sono nelle università, sono nei mass media. Non è un complotto. Nessun complotto. E’ semplicemente lo Zeitgeist, lo spirito del tempo.
Robert Wistrich,uno dei più grandi studiosi di antisemitismo del dopoguerra, scomparso prematuramente nel 2015, era molto preoccupato. I suoi ultimi articoli sono una testimonianza lucida e amara della realtà che vedeva intorno a sé
Rav Giuseppe Laras in un suo intervento pubblicato l’anno scorso lo ha detto anche lui senza peli sulla lingua. Laras è un uomo che pesa e soppesa le parole. L’odio al calore bianco per Israele è la maschera di un altro odio che non si è mai sopito. “Posso testimoniare che, come molti ebrei, sono nato con l’antisemitismo e con esso sono invecchiato” ha scritto.
L’Occidente sta vivendo uno smottamento, e sempre lo smottamento comincia dalle fondamenta. La Torah lo dice chiaramente, se viene meno la base morale la casa crolla. E nella casa ci siamo tutti noi. Ebrei e non ebrei.