Negli ultimi mesi in Italia ci sono stati numerosi arresti di terroristi legati all’Isis. Terroristi che hanno elementi comuni. In primo luogo la nazionalità: italiana, marocchina, slovena, macedone e afghana. In secondo luogo i paesi di passaggio per questi jihadisti sono sostanzialmente: Italia, Germania e Balcani. In terzo luogo le persone coinvolte immancabilmente prima o poi fanno tappa in Siria.
Questi elementi racchiudono in sé analisi complesse. Come è stato scritto in un interessante articolo da Valentina Colombo su LaNuovabq.it, la nazionalità dei terroristi conferma che sul nostro territorio e in Europa operano persone non impegnate nei loro rispettivi paesi di origine. I tunisini agiscono in Tunisia o in Libia, i levantini in Siria e Iraq e in Medio Oriente la Siria rappresenta la priorità e in Nord Africa il terreno di combattimento è la Libia. Capitolo a parte per l’Europa gestita da nazionalità cosiddette “disoccupate” che devono perciò rimanere impegnate per non abbassare morale e tensione. I convertiti con legami familiari con jihadisti seguono le stesse regole.
Per numerosi foreign fighters il passaggio in Siria e il successivo ritorno in Europa ricalca le gesta di Maometto che è migrato a Medina, fondando lo Stato islamico, con l’intenzione e fine ultimo di ritornare a conquistare la propria città natale.
Centrale e ricorrente è anche il ruolo delle donne, decisive nel reclutamento e nell’azione di convincimento di familiari e amici come dimostra l’ordinanza degli arresti in Nord Italia. Queste considerazioni danno il quadro di quanto sia difficile la gestione del fenomeno jihadista in Italia e in Europa e la sua prevenzione. Questo panorama risponde alle esigenze e alle priorità del Califfato a livello globale, come sottolinea Valentina Colombo, la quale aggiunge che a tal proposito non bisogna sottovalutare il recente appello di Ayman al-Zawahiri, il leader di Al Qaeda, allo Stato islamico per unire le forze in Siria per fare fronte e sconfiggere il nemico comune Assad e qualora lo Stato islamico accettasse l’alleanza con Al Qaeda e se questa alleanza si espandesse, l’asse jihadista potrebbe recuperare forza non solo in Siria, ma anche in Libia e in Occidente.