L’Italia è una Repubblica fondata sul calcio. Quasi sessanta milioni di tifosi ogni settimana discutono di un gioco che è la più importante fra le cose effimere. Finché qui nulla di nuovo, visto che già Winston Churchill diceva: “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”. Il vero problema è nato negli ultimi decenni quando lo stadio è stato fatto diventare il megafono politico delle tifoserie estremiste, anche se già durante il Ventennio, il Fascismo si era infiltrato nelle curve, cavalcando la presa dello sport sulla gente e in particolare l’interesse popolare verso il calcio, acuito dalle le due vittorie ai Mondiali nel ‘34 e ‘38 e la medaglia d’oro alle Olimpiadi nel ’36.
Nell’ultimo censimento delle tifoserie delle serie professionistiche (dati relativi alla stagione 2014-2015), presente nel rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del ministero dell’Interno, si legge che i gruppi attivi sono 382, composti da quasi 40mila persone. Di questi, circa 150 non hanno nascosto il proprio orientamento politico: 33 hanno una connotazione generica di sinistra, mentre 21 di estrema sinistra; 45 di idee intorno alla destra e 40 di estrema destra.
I più attivi politicamente sono quelli destra che organizzano incontri su temi di attualità e sfruttano al meglio la comunicazione sul web, puntando sull’immagine e sugli slogan. Il legame tra calcio e politica è ancora più forte in alcune città, dove capi e membri importanti della curva tessono rapporti con le amministrazioni locali o fanno parte di partiti e movimenti. A destra i gruppi più conosciuti sono: Forza Nuova, Casa Pound, Skinheads, ma anche la Lega Nord.
Il punto focale del tifo nero è il nord-est italiano guidato dai tifosi dell’Hellas Verona, che negli anni sono saliti ai disonori della cronaca per episodi fascisti e apertamente xenofobi. Quella gialloblu fa parte delle cosiddette tifoserie del Triveneto tenute sott’occhio dalla Digos (Triestina, Vicenza, Padova e Treviso) ed è organizzata grazie alle “Brigate Gialloblu”, che strizzano l’occhio a quelle nere di Benito Mussolini, e alla “Banda Loma” di Alberto Lomastro, indagato, e poi assolto, insieme a Yari Chiavenato (prima Forza Nuova, poi nelle liste di Lega Nord) per una faccenda di metà Anni 90, quando in curva spuntò un manichino nero impiccato in segno di protesta nei confronti della società, intenta ad acquistare un giocatore di colore.
Ci sono però alcune sfumature che al momento è difficile cogliere. I tifosi dell’Hellas, infatti, sono legati a quelli della Fiorentina, storicamente di sinistra e con quelli della Sampdoria dal 1973, dichiaratamente antifascista. In più i “Rude Boys” blucerchiati sono vicini ai sostenitori tedeschi del St. Pauli, molto attivi sul fronte antinazista. Non c’è da stupirsi, quindi, se nell’elenco stilato dal ministero dell’Interno emergono 12 tifoserie “miste” caratterizzate dalla contemporanea presenza di esponenti di destra e di sinistra, come nel caso, fra gli altri; di Cesena, Bologna e Milan.
Molto vicina a quella del Verona c’è un’altra tifoseria storicamente nera: quella della Lazio, che in Italia è legata anche ai sostenitori di Inter, Ascoli e Chieti. I supporters biancocelesti sono noti anche in Europa per insulti razzisti (che costarono un turno a porte chiuse) nei confronti di quelli del Tottenham, formati per lo più da persone di religione ebraica e per i gemellaggio con i polacchi del Wisla Cracovia e gli ungheresi del Levski Sofia, senza dimenticare l’appoggio degli Ultras Sur, un gruppo di tifosi del Real Madrid.
La situazione non migliora nell’altra sponda del Tevere, dove l’estrema destra del tifo della Roma è legato a Casa Pound. Da non dimenticare i “Padroni di casa” di Gianluca Iannone, che sono spuntati nelle intercettazioni di Mafia Capitale, e il gruppo nazi “Opposta Fazione”. Non si sta meglio in casa Juventus, dove un gruppo di tifosi è gemellato con il Legia Varsavia e il Den Haag, dichiaratamente antisemita, contrapposto in patria alla tifoseria all’Ajax, composta per buona parte da ebrei.
Lo scorso anno c’è stata una sentenza che ha fatto molto discutere che ha riguardato un episodio del 2011, quando la curva dell’Hellas si caratterizzò per un tifo intriso di fascismo: cori, striscioni, saluti romani e insulti contro i rivali di giornata del Livorno, il cui tifo è noto per l’appartenenza all’estrema sinistra.
L’accusa si basava sulla violazione della legge Mancino sulla discriminazione e violenza razziale.
La sentenza è stata: tutti assolti con la motivazione fu che lo stadio non è luogo in cui viene fatta propaganda politica.
La domanda è: quando si capirà che la lotta alle frange estreme del tifo passa proprio dal riconoscimento che negli stadi italiani si fa politica?