Israele ha lanciato un appello al mondo sulle mire espansionistiche dell’Iran.
L’ammonimento è arrivato dal ministro della difesa israeliana, Yoav Gallant, che in una conferenza organizzata all’Università di Herzliya, ha dichiarato che il paese degli Ayatollah sta portando avanti un piano “allarmante” di “politica pirata”.
Secondo Gallant, Teheran sta trasformando le imbarcazioni mercantili in “basi terroristiche galleggianti”, che rappresentano:
“Un’estensione del terrorismo marittimo continuo dell’Iran, come dimostrato dalle sue azioni nel Golfo Persico e nel Mar Arabico”.
Il ministro della difesa dello Stato ebraico, inoltre, ha sottolineato:
“L’Iran si comporta come un complesso di organizzazioni criminali e non come uno Stato moderno. Mira a estendere il suo raggio d’azione fino all’Oceano Indiano, al Mar Rosso e persino alle coste del Mediterraneo. Si tratta di un piano strutturato concepito per minacciare le rotte commerciali e di volo, sia militari sia civili, e creare una minaccia permanente in ambito marittimo”.
Una minaccia talmente preoccupante, che secondo Gallant andrebbe contrastata attraverso una “cooperazione internazionale e la creazione di coalizioni”.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo alle cinque navi mercantili trasformate in “basi terroristiche galleggianti”. Tra queste potrebbe essercene una costruita in Italia nel 1992: la Shahid Roudaki, così chiamata in onore di Abdollah Rudaki, ex comandante della marina iraniana.
Le restanti quattro navi tirate in ballo da Gallant sono le ex navi mercantili Shahid Mahdavi, Shahid Siyavashi, Shahid Bagheri e l’ex petroliera giapponese Iris Makra.
Basterà la richiesta di cooperazione e coalizioni da parte di Israele? Oppure tutto ciò che arriva da Gerusalemme deve esser guardato in maniera distorta?
Abbiamo visto negli ultimi mesi come l’Iran abbia intensificato i rapporti con Hamas e Hezbollah in ottica antisraeliana.
Abbiamo visto, inoltre, il reclutamento di manovalanza comune da parte di Teheran per colpire ebrei e uomini d’affari sparsi nel mondo.
Cos’altro dobbiamo vedere…?
