Israele ha sventato un tentativo di infiltrazione di cinque uomini di Hezbollah. I militanti del gruppo terroristico sciita, infatti, hanno provato a entrare in territorio israeliano, vicino all’avamposto militare dello Stato ebraico Har Dov, nella zona delle Fattorie di Sheeba, poco distante dal punto di osservazione dei caschi blu dell’Onu (operanti sotto la missione Unifil).
Gli scontri armati che si sono verificati al confine tra Israele e Libano non hanno fatto registrare morti, ma sono la cartina di tornasole dell’agitazione che si vive nell’area.
Da giorni, per l’appunto, Israele era in stato di allerta e pronto per un possibile attacco degli Hezbollah. Lo dimostra l’ordine dato dal ministro della Difesa Benny Gantz di rafforzare il dispiegamento di forze al confine nord.
Il provvedimento del governo di Gerusalemme è stato preso, seguendo la formula Hezbollah “per ogni nostro combattente morto, vi sarà una risposta equivalente”, ribadita per l’ennesima volta in un’intervista televisiva da Naim Qassem, il vice di Hassan Nasrallah.
A cosa si riferisce Qassem?
All’episodio del 20 luglio a Damasco, nel quale è rimasto ucciso un comandante di Hezbollah, Ali Kamel Mohsen, che Hezbollah ha attribuito a Israele.
Hezbollah che, in riferimento, al tentativo di infiltrazione in territorio israeliano ha minimizzato il successivo scontro, che secondo il braccio armato dell’Iran si sarebbe verificato dal nervosismo dei militari israeliani.
Sulla vicenda è intervenuta anche Orna Mizrahi, ricercatrice dell’Institute of National Security Studies di Tel Aviv, che ha così fotografato il momento:
“L’impressione è che anche in questo caso si tratti di un episodio circoscritto. La battaglia vera non si svolge alla luce del sole, come in Siria e in Iran. Episodi come quello di oggi hanno l’obiettivo di ripristinare la deterrenza, da entrambe le parti”.
Quanto accaduto dimostra ancora una volta che il confine tra Israele e Libano è molto caldo.