Il Parlamento francese ha respinto una risoluzione atta a definire Israele uno stato di apartheid. La Francia con 199 voti contrari e 71 favorevoli ha rimandato al mittente la proposta di alcuni membri della sinistra.
Per il deputato comunista Jean-Paul Lecoq, infatti, lo Stato di Israele pratica un regime di apartheid come risultato della sua politica colonialista e scrive la “necessità di una soluzione a due Stati”.
Parole di condanna sono state espresse dal Segretario di Stato per l’Europa Laurence Boone:
“La Francia è amica di Israele. La Francia si impegna incessantemente per la sicurezza di Israele. È anche questa profonda amicizia, basata sull’attaccamento a voli comuni, che permette a Parigi di mantenere un dialogo franco con i nostri amici israeliani e di dire le cose chiaramente. Dire le cose chiaramente significa nominarle bene, e per questo non possiamo che rifiutare l’uso del termine apartheid.”
Parole che hanno fatto eco a quelle del presidente Macron che nel marzo 2022 scrisse in occasione del Consiglio di Rappresentanza delle Istituzioni Ebraiche di Francia:
“Come si osa parlare di apartheid per uno stato in cui i cittadini arabi sono rappresentati nel governo, in parlamento, in posizioni di leadership e in posizioni di responsabilità?”
Jean-Paul Lecoq e gli altri firmatari della risoluzione, evidentemente, non hanno dato ascolto alle parole del loro stesso presidente.
Lecoq e compagni, evidentemente, non hanno badato neanche alla perdita di firmatari che nel tempo ha contraddistinto la risoluzione, che inizialmente conteneva anche la frase “le autorità israeliane trattano i palestinesi come un gruppo razziale inferiore”.
Frase che, come detto, ha fatto perdere appoggi a Lecoq che per l’occasione si era trincerato dietro a “tra i nostri colleghi comunisti, questo riferimento è stato frainteso”.
“Le autorità israeliane trattano i palestinesi come un gruppo razziale inferiore” è una frase che si può fraintendere?
Evidentemente sì per il deputato comunista francese Jean-Paul Lecoq.