Il rabbino capo della Slovenia e responsabile del Museo della Comunità Ebraica di Trieste, Ariel Haddad, è stato aggredito in maniera verbale mentre percorreva le vie della città.

L’increscioso episodio è accaduto il 26 giugno, anche se in precedenza Haddad era già stato vittima di insulti antisemiti.

La seconda circostanza in poco tempo ha portato il rabbino capo a denunciare tutto alla Digos. Seconda circostanza che ha visto Haddad avvicinato da un uomo che con aria di sfida gli ha urlato frasi antisemite fino a quando il sopraggiungere di un’amica ha placato la sua ira.

Gli insulti hanno riguardato Hamas e Hitler, mischiando ancora una volta le dinamiche mediorientali attuali con quelli storiche del popolo ebraico e confermando la sovrapposizione tra antisionismo e antisemitismo.

Ariel Haddad, al giornale Il Piccolo, alla domanda se gli ebrei triestini percepiscono insicurezza nel vivere in città, ha risposto:

“Sì, e credo che questa insicurezza sia condivisa. Ci sono persone dai cognomi ebraici i cui campanelli vengono deputarti, danneggiati”.

Haddad, inoltre, ha risposto alla domanda se in qualche modo il suo abbigliamento possa aver provocato l’aggressione: 

“Ma questa considerazione lede all’origine al principio di libertà, che è quella che io posso essere quello che voglio. Se devo avere paura, o se gli altri devono avere paura per me perché indosso certi abiti, o la Kippah, è evidente che qualcosa non va”.

Che qualcosa non vada, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. Che gli episodi di antisemitismo sia aumentati in Europa e in Italia dal 7 ottobre è una triste e preoccupante considerazione.

Nel nostro paese queste vicende non fanno notizia, perché le aggressioni si fermano a quelle verbali (almeno quelle denunciate).

Il nostro augurio è non dover commentare fatti più gravi, imitando i numerosi atti di violenza fisica che stanno sconvolgendo da anni la vita del popolo ebraico in Francia, in cui negli ultimi anni ben 11 ebrei sono stati uccisi dall’odio razziale.