Perché nessuno si indigna per i disastri ecologici provocati da Hamas?

Sotto questa complicità c’è un doppio razzismo, quello antisemita che odia Israele e quello paternalista che protegge gli arabi perché “diversi”

Ugo Volli
Ugo Volli
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Editoriali

Perché nessuno si indigna per i disastri ecologici provocati da Hamas?

Sotto questa complicità c’è un doppio razzismo, quello antisemita che odia Israele e quello paternalista che protegge gli arabi perché “diversi”

Editoriali
Ugo Volli
Ugo Volli

Se c’è un valore condiviso nella nostra società, a l di là delle divergenze politiche sociali, nazionali, è quello della natura. Tutti, più o meno, ci rendiamo conto che l’aumento del numero degli esseri umani e delle risorse che consumano mette a rischio il pianeta, che in particolare fauna e flora sono a rischio e che se non stiamo attenti rischiamo di lasciare ai nostri discendenti una Terra difficile da abitare e più povera di quella che abbiamo ricevuto. E’ necessario curare l’ambiente, combattere la desertificazione, ripiantare i boschi, proteggere gli animali, evitare di inquinare con fumi, rifiuti, residui industriali.

Fin qui, credo, tutti saranno d’accordo, anche se magari sulla gravità dei mali e sui rimedi da adottare ci può essere discussione. Ma allora saremo anche tutti d’accordo che bisogna lodare i comportamenti ecologici dei vari stati e movimenti e condannare quelli che invece abusano delle risorse, le sprecano o le rovinano per scopi politici. Per esempio, bisogna guardare a Israele e a Hamas.

Israele è un miracolo ecologico. Tutte le testimonianze e le immagini che ci sono rimaste dicono che la terra di Israele, prima della costituzione dei primi rinnovati insediamenti ebraici, un secolo e mezzo fa, era uno dei luoghi più desolati della costa mediterranea: paludoso e malarico sulla costa, desertico all’interno, quasi totalmente privo di alberi e di popolazione. Oggi chi è stato anche solo per un breve viaggio turistico in Israele ne riporta il sentimento di un territorio verde, con campi ordinati e boschi ombrosi, pieno di verde anche dove la natura è di per sé molto aspra, come nella valle del Giordano o nel Negev. In una regione devastata da una carestia che dura ormai da sei anni, Israele ne ha limitato moltissimo i danni, grazie all’uso di tecnologie innovative come i grandi desalinizzatori, l’irrigazione a goccia, il riciclo intensivo delle acque usate. Bisogna aggiungere che Israele ha tanta attenzione e amore per la sua fauna selvatica, da essere diventato la tappa più importante del Mediterraneo per gli uccelli migratori e da aver recuperato una popolazione di animali selvatici del Medio Oriente altrove quasi distrutta, come antilopi, avvoltoi, caprioli e cani del deserto, che non è difficile vedere anche nei parchi delle grandi città.

Hamas invece dell’ecologia non ha alcuna cura, anzi evidentemente la disprezza. Nonostante tutti gli aiuti internazionali ricevuti ha scelto di non istallare depuratori e di lasciare che le acque di scarico di Gaza fluiscano senza controllo in mare, ottenendo con ciò non solo di inquinare alcune delle più belle spiagge israeliane del sud, ma anche il suo territorio. Di recente, per orchestrare la lugubre scenografia degli assalti di massa che ha organizzato contro la frontiera israeliana, ha fatto bruciare migliaia di pneumatici provocando un inquinamento inaudito dell’aria, del suolo e della falda, infinitamente peggiore di quello delle zone industriali più arretrate. Sempre in questa occasione, ha scoperto una nuova arma terroristica e cioè gli aquiloni e i palloni a elio con carichi incendiari che hanno messo a fuoco migliaia di ettari di campi e di riserve naturali in Israele. L’odio per la natura è arrivato al punto di usare come veicolo incendiario un povero falco selvatico, condannato così a morte atroce.

Non ci potrebbe essere conflitto più chiaro: da una parte quelli che piantano i boschi, dall’altro coloro che li incendiano; da un lato quelli che difendono la fauna selvatica, dall’altro chi la tortura; di qua chi depura e ricicla, di là chi usa i propri rifiuti come strumento di offesa. E’ un tema che dovrebbe coinvolgere in particolare verdi ed ecologisti. Ma in tutto il mondo questo settore di solito molto attivo e rumoroso della vita sociale ha mantenuto il più rigoroso silenzio. Un po’ come i tutori dei diritti civili che sono pronti a criticare le leggi israeliane (per esempio per non aver legalizzato la “paternità surrogata” di coppie omosessuali) ma tacciano totalmente quando si tratta di giudicare i veri e propri crimini che i terroristi di Hamas e i loro simili di altre sigle islamiste commettono contro le donne che non si piegano alla sottomissione prescritte o gli uomini che praticano “costumi immorali dell’Occidente”.  E’ una forma di ipocrisia  che si spiega solo con un doppio razzismo: quello antisemita per cui Israele è lo stato che si odia a prescindere; e quello paternalista e cioè colonialista, per cui non bisogna chiedere ragione agli arabi dei loro delitti, perché “sono diversi, non possiamo applicare loro i nostri criteri”

 

 

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