Il patto sbagliato e pericoloso che legalizza l’immigrazione

Ugo Volli
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Editoriali

Il patto sbagliato e pericoloso che legalizza l’immigrazione

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Ugo Volli
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Il patto sbagliato e pericoloso che legalizza l’immigrazione. Il prossimo 10 e 11 dicembre a Marrakesh in Marocco i rappresentanti della “comunità internazionale”, cioè in sostanza gli ambasciatori di moltissimi paesi si riuniranno sotto l’egida dell’Onu per firmare un “patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. E’ un documento di 33 pagine, scritto in stretto linguaggio diplomatico, che trovate qui . Sono elencati 23 obiettivi, parecchi dei quali sono perfettamente ragionevoli, come la possibilità di un ritorno in patria sicuro per gli immigrati o la possibilità di conservare e trasferire i loro crediti pensionistici cambiando paese. Altri sono molto meno accettabili, spesso velati in un linguaggio accuratamente criptico. Ma quel che conta è il concetto generale: fare della migrazione un diritto, cui gli stati non dovrebbero potersi opporre .

Il “patto” dichiara di non essere vincolante giuridicamente, ma si sa bene come vanno queste cose: si comincia con alte dichiarazioni di principio e si va verso la coazione di quella che molto impropriamente è chiamata “legge internazionale”. Molto impropriamente perché non esiste un’autorità internazionale  riconosciuta né tanto meno democratica, che abbia avuto l’incarico di formularla e farla rispettare. Gli stati nazionali sono i soli soggetti cui i cittadini hanno riconosciuto sovranità, e i soli che possano essere davvero democratici. La tendenza attuale da parte delle élites politiche in Occidente è di spingere gli stati a cedere sovranità ad autorità sovrannazionali non democratiche, in maniera tale da poter imporre una volontà basata sul loro consenso, che piaccia o meno ai popoli.

Il primo difetto di questo patto, non a caso concepito per impulso di Obama e con l’appoggio dell’Unione Europea è nella sua natura ambigua dal punto di vista giuridico, nell’intenzione non dichiarata, anzi esplicitamente negata ma evidente nel testo di sottrarre alle scelte nazionali la gestione dell’immigrazione per farla diventare un oggetto di amministrazione internazionale.

Il secondo difetto è che, anche se qua e là si dichiarano le differenze, di non distinguere nella maggior parte degli obiettivi fra immigrazione legale e illegale, immigrazione economica e rifugio cercato contro le persecuzioni e le guerre. Mentre l’immigrazione legale deve ovviamente essere difesa e le devono essere riconosciuti dei diritti, quella illegale è tutt’altra cosa, essa va repressa e impedita, se si vuole mantenere l’esistenza degli stati e il legame fra cittadinanza e diritti politici che è l’origine della democrazia. E mentre è giusto riconoscere il diritto d’asilo per rifugiati che sfuggono a persecuzioni politiche o razziali, non è possibile assegnare lo stesso diritto a coloro che cercano di trovare una sistemazione economica migliore. Gli stati hanno naturalmente diritto di incoraggiare l’immigrazione economica se è anche nel loro interesse, come è accaduto negli stati americani fra Ottocento e Novecento, ma non si vede perché dovrebbero essere obbligati a farlo o a non filtrare categorie economiche, competenze o paesi di provenienza. Insomma l’asilo può essere un diritto, l’immigrazione indiscriminata certamente no, perché sconvolge il legame democratico fra popolo e stato e se è massiccia, impoverisce fortemente lo stato che ne è oggetto senza migliorare sensibilmente la condizione di quello di partenza, per una semplice questione di numeri. Per fare solo un esempio, l’Unione Europea ha oggi 500 milioni di abitanti, l’Africa 1,2 miliardi, che si prevede diventino 2,5 nel 2050. Anche se immigrassero in Europa due africani per ogni europeo, distruggendo di conseguenza identità ed economia del nostro continente, l’Africa nel 2050 avrebbe comunque 300 milioni di abitanti più di ora. E il disastro abbraccerebbe entrambi i continenti.

Dunque questo patto è da respingere interamente. E in effetti gli Usa hanno annunciato che non lo firmeranno, e così l’Australia, l’Austria, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Polonia, la Croazia: i soliti cattivi secondo l’opinione benpensante dei media e della politica europea, cui Netanyahu ha deciso di unire anche Israele. Com’è noto, gli Stati Uniti sono oggetto di un’intensa campagna anarchica che pretende di spalancare le frontiere agli immigranti illegali dall’America Latina e anche nella piccola Israele c’è un problema di immigrazione illegale dall’Africa. Sarà interessante vedere che posizione prenderà l’Italia, che a sua volta ha un problema massiccio di immigrazione illegale. Riuscirà Salvini a portare anche il nostro paese nel fronte del no a Marrakesh?

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