I profughi palestinesi stanno morendo come bestie per colpa della fame, dei bombardamenti e dei proiettili dei fucili automatici. Non sta accadendo a Gaza ma a Yarmouk, un campo profughi a ridosso di Damasco dove i palestinesi non vengono uccisi da proiettili israeliani. Dall’inizio di Aprile il campo è nelle mani dei miliziani dello Stato Islamico e centinaia di rifugiati sono già stati rapiti, uccisi o decapitati. L’ISIS però è solo l’ultima delle piaghe che ha colpito Yarmouk: il campo viene regolarmente bombardato dall’esercito di Assad dal 2012, acqua e corrente elettrica mancano da qualche anno e dei 160,000 profughi che ci vivevano oggi ne sono rimasti solo 18,000.
Secondo Amnesty International il regime siriano sta usando la fame come arma per liberarsi degli scomodi palestinesi di Yarmouk. E si tratta solo di uno dei 12 campi profughi palestinesi in Siria che ospitano più di mezzo milione di persone di cui secondo l’UNRWA il 90% necessita di aiuti umanitari.
Dovremmo tutti prestare attenzione a questa situazione così critica e non far dipendere il nostro coinvolgimento a seconda dei persecutori. Non ci dovrebbe essere nessuna differenza nel condannare un israeliano, un egiziano, un siriano o un palestinese (le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese spesso utilizzano la forza contro manifestanti disarmati, ma questa è un’altra storia). Non si tratta di mero cinismo: spesso Israele, una vera democrazia liberale, viene criticato e condannato dall’Occidente mentre lo stesso metro di giudizio non viene applicato per dittatori come Bashar al-Assad. Non si tratta di minimizzare i morti di Gaza o di ingigantire quelli di Yarmouk, quanto sarebbero stati diversi i titoli dei giornali se ad accerchiare Yarmouk ci fossero state le divise dell’esercito israeliano?
Si tratta di un’indignazione selettiva, qualcosa di insostenibile per quelli che hanno davvero a cuore i diritti umani. Molti di quelli che hanno alzato la voce per sostenere la causa palestinese hanno al contempo chiuso gli occhi sul fatto che decine di migliaia di palestinesi sono stati uccisi dai loro fratelli arabi per quasi 40 anni: dai fatti di Settembre Nero alla guerra civile in Libano, dai vigilantes kuwaitiani durante la Guerra del Golfo alla chiusura del valico di Rafah da parte dell’Egitto.
Nel frattempo a Yarmouk come in altri campi profughi palestinesi le persone vivono in condizioni catastrofiche e la reazione degli occidentali, non attratti se non c’è Israele da demonizzare, è simile a una scrollata di spalle collettiva. A differenza del caso Gaza non c’è nessuno disposto a chiedere immediatamente la fine delle ostilità per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere chi ne ha bisogno. E’ uno scandalo che dei fondi richiesti dall’UNRWA per i profughi palestinesi in Siria solo il 20% è stato stanziato mentre già subito dopo l’inizio delle ostilità a Gaza la scorsa estate c’era la fila per donare qualcosa per la ricostruzione; la gente di Yarmouk non è importante quanto quella che vive nella Striscia di Gaza? Non importa se tutti quelli che si dicono vicini alla causa palestinese non faranno sentire la loro voce, lo faremo noi che da sempre denunciamo questo doppio standard.