Secondo Antonio Perrone, Giudice del Tribunale di Livorno, fare il saluto romano in pubblico non costituisce reato. Assolti quindi quattro ultrà del Verona Calcio all’epoca dei fatti, Dicembre 2011, in trasferta nella città toscana per seguire la loro squadra del cuore. Si attendono le motivazioni della sentenza previste per inizio Aprile ma è già esplosa la polemica per una decisione che rischia di creare un precedente pericoloso.
Forse il Giudice Perrone ha accolto la tesi della difesa secondo cui il pericolo di far aderire all’ideologia fascista altre persone con quel gesto è infondato in quanto durante la partita si fronteggiavano due tifoserie ideologicamente contrapposte e che quindi in nessun caso si sarebbero fatte influenzare dall’altra fazione. A noi sembra una tesi infondata ma è giuridicamente sostenibile perché il reato contestato agli ultrà veronesi riguardava la legge Mancino, che sanziona azioni e slogan di matrice nazifascista che incitano alla violenza e alla discriminazione razziale, e non la più adatta legge Scelba, creata appositamente per punire l’apologia di fascismo. Proprio la questione della discriminazione razziale potrebbe essere stata decisiva ai fini della sentenza in quanto gli avvocati hanno potuto sostenere che in quel caso nessuna discriminazione razziale, religiosa o nazionale è avvenuta visto che le due tifoserie sono entrambe italiane e cattoliche. L’impianto difensivo ha forse portato il giudice ad optare per l’assoluzione degli imputati con la formula del secondo comma, ovvero perché manca o è insufficiente la prova che il fatto sussiste o che costituisce reato.
C’è da chiedersi se al momento della decisione il Giudice Perrone abbia potuto valutare gli effetti che potrebbero scaturire dall’assoluzione di quattro persone che non hanno negato di aver compiuto il gesto e che hanno implicitamente ammesso di abbracciare l’ideologia fascista. Magari gli ultrà livornesi non saranno stati veramente condizionati dal saluto romano ma le immagini di ciò che è accaduto fuori dallo stadio Armando Picchi sabato 3 Dicembre 2011 le avranno viste migliaia di ragazzi giovani e facilmente influenzabili dal punto di vista politico che ora, a seguito della sentenza, potrebbero pensare di essere legittimati ad imitare i quattro tifosi del Verona. Inoltre, una volta preso atto che le tifoserie sono contrapposte ideologicamente, non sarebbe stato più giusto sanzionare questa avversione? Non si era già detto in varie occasioni che in questo paese il mondo del calcio, e soprattutto quello delle curve, ha bisogno di ripulirsi escludendo le frange estremiste sia di destra che di sinistra?
Ridurre il saluto fascista a folklore da stadio, ad un modo di esprimere la propria identità calcistica, ad un linguaggio di confronto accettabile è profondamente sbagliato. La magistratura si era già espressa sul gesto in altri contesti e forse avrebbe potuto costituire un solido presupposto per qualsiasi discussione giuridica sul tema. Il fascismo, così come tutti gli altri totalitarismi novecenteschi che hanno fatto un’infinità di morti nella storia europea e non, è un anacronismo che va combattuto con impegno e determinazione, non si può e non si deve lasciare che certi individui tramandino dei valori che hanno portato il nostro paese nel momento più buio della sua esistenza. La nostra Costituzione lo dice chiaramente: “è sanzionato chiunque faccia per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.” Oggi si rischia di giustificare con un cavillo giuridico la riproposizione di un simbolo del Ventennio negli stadi italiani, accadrebbe lo stesso se con le medesime motivazioni non venissero puniti i responsabili di cori, “buu” e striscioni che inneggiano al fascismo o all’odio razziale?