“Non è in dubbio che io sia moralmente complice della morte di 300.000 persone”, così Oskar Groening, noto come “il contabile di Auschwitz”, ha ammesso le sue colpe durante il processo che lo ha accusato di complicità.
Ora Groening, a 93 anni, chiede scusa ai sopravvissuti alla Shoah e a tutti i famigliari delle vittime. Allora, aveva invece 21 anni, si arruolò volontario nelle SS e venne assegnato al campo di Auschwitz-Birkenau, dove ammette di aver saputo da subito che i prigionieri venivano mandati a morire nelle camere a gas. Nel campo di sterminio nazista più noto in assoluto, morirono circa 1 milione di persone, in gran parte ebrei, e le accuse al contabile si riferiscono in particolare alla primavera del ’44, quando in soli due mesi 425.000 ebrei ungheresi vennero internati ad Auschwitz, 300.000 dei quali uccisi nelle camere a gas poco dopo l’arrivo.
L’avvio del processo, si legge sul Corriere della Sera, è stato possibile soltanto dopo l’ampliamento del concetto di complicità per lo sterminio degli internati nei campi nazisti, effettuato dalla Germania nel 2011. L’SS ha lavorato in una fabbrica di vetro per tutta la sua vita non nascondendo mai il suo passato, anzi raccontando anche a giornalisti che lo hanno intervistato le atrocità che aveva visto perché, ha affermato, voleva smentire chi nega la Shoah.
Secondo la sua testimonianza, il nazista non avrebbe mai ucciso un deportato, prendeva soldi e oggetti di valore dalle valigie dei prigionieri e li consegnava ai suoi colleghi. L’accusa è quella di aver dato sostegno allo sterminio di centinaia di migliaia di persone attraverso il suo comportamento.