“I lunghi giorni della Arctic Sea”, il nuovo romanzo di Michael Sfaradi

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Mario Del MonteEditor
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“I lunghi giorni della Arctic Sea”, il nuovo romanzo di Michael Sfaradi

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Il 29 Aprile alle ore 19.30 presso la sede dell’ADEI WIZO di Roma, con il patrocinio dell’Associazione Romana Amici di Israele e di Progetto Dreyfus, Michael Sfaradi presenterà il suo nuovo romanzo ‘I lunghi giorni della Arctic Sea’. Ne parliamo con lui in un’intervista in cui ci offre qualche piccola anticipazione sulla sua ultima fatica.

Prima di parlare del romanzo parliamo dell’autore, chi è Michael Sfaradi?

Sono uno scrittore prestato al giornalismo, la pubblicazione del mio primo romanzo è del 2007 e sono stato uno degli scrittori israeliani presenti alla fiera del libro di Torino 2008 per i sessanta anni dello Stato di Israele.

… e il giornalista?

Il giornalista che c’è in me viene alla luce nel 2008 quando stanco delle liste di professori ebrei che venivano continuamente pubblicate in rete e stanco soprattutto della diffamazione a mezzo stampa operata nei confronti dello stato di Israele ho deciso nel mio piccolo di dare un contributo alle ragioni della mia patria scrivendo articoli che mettevano in luce le falsità che venivano e vengono ancora pubblicate. Iniziai allora una collaborazione Free Lance con diversi quotidiani italiani come L’Opinione e Liberal per poi finire ad essere reporter per la pagina estero di Opinione durante ‘Piombo fuso’ e di LIBERO durante l’operazione ‘Margine Protettivo’. Queste esperienze le ho vissute in prima persona dal sud Israele e da Gaza. Il giornalismo inizialmente doveva essere una parentesi momentanea, ma con il tempo è diventata quasi una professione a tempo pieno per cui a 46 anni sono tornato sui libri e ho dato gli esami per l’iscrizione alla Tel Aviv Journalist Association. Proprio durante ‘Margine Protettivo’ scrissi il mio articolo numero N. 2500.

La tua carriera però comincia con i romanzi…

Il mio primo romanzo è stato ‘Il sorriso della morte’ che uscì in prima edizione nel 2007 con la casa editrice Frilli di Genova al quale seguì ‘Gli amori diversi’ del 2011 con la Miele di Lecce, tutti e due questi romanzi sono arrivati alla seconda edizione. Poi con la PS di Roma ho pubblicato ‘Mosaico Mortale’ nel 2013 e ‘La catena dell’orrore’ nel 2014 per arrivare a ‘I lunghi giorni della Arctic Sea’ uscito a Marzo di quest’anno e che verrà presentato nel mese di Maggio in 15 eventi che toccheranno 14 città del Nord Italia compresa la fiera internazionale del libro di Torino.

Le copertine dei tuoi romanzi hanno una forte valenza comunicativa e sono diverse da quelle che si possono vedere nelle vetrine delle librerie, come mai questa scelta?

Le copertine sono il volto del romanzo, una sorta di sinossi visiva che deve comunicare al lettore il tema del libro che stanno per leggere. Personalmente trovo le copertine di grafica computerizzata troppo perfette, fredde e senza anima. Per questo ho deciso insieme a Rosj Domini, che oltre a essere la mia compagna è anche una pittrice a mio giudizio eccezionale, di tentare una via nuova e antica al tempo stesso e cioè quella di esibire dipinti a olio su tela che danno un calore diverso e una comunicazione sicuramente più diretta. In questi anni le reazioni dei lettori e i commenti che abbiamo ricevuto mi hanno dato la certezza che la scelta è stata azzeccata.

Come nasce il nuovo romanzo?

Come giornalista, nel 2009 collaboravo con Liberal, seguii la vicenda del cargo Arctic Sea sul quale scrissi un lungo articolo dove, fra i primi al mondo, pubblicavo la notizia di una possibile azione dei servizi segreti israeliani dietro la sua sparizione. Il romanzo, pertanto, è tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto fra il luglio e l’agosto del 2009. Ho voluto raccontare la storia anche basandomi su informazioni in mio possesso ma narrando ipoteticamente i retroscena della vicenda e come le cose sarebbero potute andare sia in fase di investigazione sia, e soprattutto, in fase operativa. La Arctic Sea, cargo maltese con equipaggio russo, salì alle cronache per la sua sparizione all’uscita del canale della Manica e per due settimane non si ebbero notizie. Fu poi ritrovata a largo delle isole di Capo Verde in pieno oceano Atlantico. Anche se non c’è mai stata alcuna conferma negli ambienti giornalistici girava forte il sospetto che oltre al carico di legno norvegese il cargo nella stiva trasportasse sistemi missilistici di fabbricazione russa di ultima generazione destinati all’Iran come gli S300 e gli N55. A conferma di tutto ciò ci fu lo spiegamento della flotta russa del Baltico che in un clima da ‘Caccia a Ottobre Rosso’ scandagliò l’Atlantico Nord- Orientale alla ricerca della Arctic Sea, troppi muscoli per un semplice cargo carico di legno norvegese.

Perché la vicenda della Arctic Sea dovrebbe appassionare il pubblico?

Fin dall’inizio della querelle c’è sempre stata una fitta ‘nebbia giornalistica’ intorno al caso della Arctic Sea, con depistaggi e smentite che paradossalmente si contraddicevano fra loro. Un cargo fa perdere le sue tracce e una flotta intera viene schierata alla sua ricerca, i marinai alla partenza dalla Finlandia erano diciotto e poi, magicamente, diventano quindici. Gli stessi marinai vengono ritrovati in completo stato confusionale e per giunta sono anche mostrati alla stampa compiacente come fossero stati loro stessi i dirottatori. Vengono arrestati dalla marina russa e poi una volta a Mosca rilasciati dopo aver firmato documenti che li obbligavano alla segretezza. Insomma a Mosca i vertici hanno voluto insabbiare tutto quello che riguardava la Arctic Sea e la stessa nave è stata praticamente svenduta a uno sconosciuto armatore che dopo averla registrata alle Barbados la tiene lontana dalle rotte europee. È chiaro come il sole che se i fortissimi sospetti sul carico che era stivato durante quella traversata fossero stati confermati qualcuno al Cremlino avrebbe dovuto dare molte scomode spiegazioni e per questo una cappa di silenzio è scesa su tutta la vicenda. Già in quei giorni ero entrato in possesso di notizie più precise rispetto a quello che potei alla fine pubblicare, e non lo feci solo perché quelle informative non erano confortate da prove o testimonianze dirette e citabili. In sostanza sapevo molte cose che vennero alla luce solo in un secondo momento ed è anche per questo che ho scritto un romanzo, che definirei giornalistico, per raccontare quale era l’atmosfera che si respirava in quella calda estate del 2009. Il punto in cui siamo oggi sul nucleare iraniano è anche la diretta conseguenza dei cambi di potere che ci furono in quel periodo e nei mesi precedenti. Con questo romanzo voglio tentare, nel mio piccolo, di accendere una luce nell’ombra in cui si vorrebbe far rimanere l’intera vicenda. Anche se ‘I lunghi giorni della Arctic Sea’ rimane un romanzo di fantasia ha al suo interno tanta verità ancora non raccontata, e questo secondo me è la molla che dovrebbe far scattare la curiosità dei lettori, in particolare di coloro che non si accontentano delle versioni ufficiali.

Grazie Michael, in bocca al lupo per le tue prossime opere!

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